Mi sono spesso chiesta perchè solo le cattive notizie facciano parlare tanto le persone...for

lunedì 30 dicembre 2013

UN TESORO IN VASI DI CRETA


Quando mi metto alla presenza di Dio dopo aver fatto le letture sacre, lì, nel silenzio, mentre le sue parole scorrono nell’anima e s’illuminano di una sapienza nuova, mi sento come tornata a casa; in uno stato di silenzioso e indescrivibile piacere spirituale che diventa quasi fisico perché mi fa battere forte il cuore.
Tutto suona familiare. Nelle conferme di Dio alle mie riflessioni, scorgo il suo incoraggiamento. Oggi stesso, infatti, pensavo a come le nostre colpe passate ci facciano sentire male al punto di non saper reagire nel modo giusto con gli altri e con chi ferisce. E si univa a questo la constatazione di come per alcuni sia difficile portare la parola di Dio agli altri: perché è un difficile equilibrio del sapere quando e come parlare per ottimizzare quel che si sa di Dio. Anche in quel caso veniva a galla evidente la nostra umanità con le sue debolezze che ci frenano. Il pensiero (pur in buona fede) di dover vincere e avere ragione, quando poi la gente ti tratta come se non ne avessi affatto e potessi solo rassegnarti a riconoscere che la tua è una causa persa per il mondo.
Mi fermo in preghiera e mi capita la lettura di San Paolo che dice: “Abbiamo un tesoro in vasi di creta”, e tutto si fa più chiaro.
Una cosa preziosa come la fede e la parola di Dio, riposta in una cosa fragile come la nostra umanità che piange, si scoraggia, si sente schiacciata dalle proprie colpe passate, da tutti i sensi di colpa che il diavolo ci rimanda indietro a bumerang. Eppure Dio sa dove ha riposto la sua parola: in vasi di creta come noi…”affinché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”. Nella nostra debolezza si manifesta la gloria di Dio.
E’ come se ci portassimo sempre dietro la morte di Gesù in quest’umanità labile per poi godere della Vita di Gesù nelle parole ispirate che ci escono dalla bocca. Così il sudore e il pianto fanno da moneta per essere buoni discepoli.
Portare la parola di Dio è un lavoro difficile e l’unica cosa che tocca davvero solo noi è non lasciare che vinca l’umanità tentata in ogni modo dal demonio a demordere e rinunciare. A colui che suggerisce malignamente questo, occorre rispondere come San Paolo: “Sono tribolato ma non schiacciato, sconvolto ma non disperato, perseguitato ma non abbandonato perché in me agisce Dio e non potrò perdere neanche quando a tutti sembrerà che ho perso. Come quando credevi di aver ucciso Gesù che è invece resuscitato a una vita che non puoi più uccidere”.

Così la conferma che mi viene dal Cielo è che effettivamente siamo vasi fragili come la creta e ogni movimento rischia di farci andare in pezzi; l’incoraggiamento è che la potenza di cui necessito viene da Dio e non da me e che persino la mia fragilità è di sostegno al brillare di Dio: ne è cooperatrice. Un po’ come quando per far risaltare meglio un colore, accanto, se ne mette uno più scuro: io faccio il contrasto per dar luce al mio Gesù.


sabato 28 dicembre 2013

SPORT ALTERNATIVO

Ecco..questo sì che è un tipo di calcio che mi sento di guardare. Almeno mette di buon umore e non istiga alla lite. La trovo una splendida idea per divertirsi in modo sano. Voi no? 


giovedì 26 dicembre 2013

LE RICCHEZZE DI UN POVERO DI SPIRITO


Meno si ha, più poveri si è, e più acquistano valore le cose che si hanno. Se per esempio si è soli e senza amore, ricevere una carezza è un bene prezioso più di ogni altro. Di ciò siamo grati alla persona che ce la fa e a dio ma credo, nonostante tutto che non abbiamo un’idea chiara di tutto il bene che Lui ci riversa nelle mani.
Mi spiego: se siamo molto ricchi di qualche bene (materiale o spirituale) siamo anche molto ciechi e molto ingrati e quando Dio ci concede una “cosa” di valore 10, a noi sembra che valga 1. Se siamo un po’ meno ricchi di quel bene e ci viene donata la stessa “cosa” da Dio, essendo divenuti meno ciechi e più misericordiosi, riconosciamo un valore 5. Questo perché la povertà, come una carta vetrata, ci ha pulito da un po’ del nostro egoismo attraverso la sofferenza, portando via un po’ di sporcizia dalla nostra anima. Se diventiamo ancora più poveri di quel bene, il valore della “cosa” donata dal Padre, aumenta e si avvicina al suo valore reale. Ma sono convinta che comunque noi vedremo sempre un 9 e mai il 10 che vale.
Potrò però capire che il valore di quella carezza non è un valore relativo, bensì assoluto. Cioè: non ha un certo valore solo per me, ma per tutti. Insomma sarà come l’oro e non come una moneta. L’oro, infatti, al grammo vale la stessa cifra per tutto il mondo e il suo valore è sempre in crescita perché sempre più raro. Le monete, invece, sono tante e il loro valore è diverso a seconda del tipo di moneta e a seconda del paragone che si fa con le altre monete. E in genere si svalutano.

C'è oro e.................

In pratica, pian piano ci si rende conto che ciò che più ti manca (per es. l’Amore) ha un valore assoluto per tutti ed è un valore che cresce continuamente. Perciò darò le mie carezze ai fratelli con una consapevolezza e generosità maggiore perché ho capito quanto faccia soffrire il non averla.
Nella povertà si diventa capaci di grandi generosità e perciò ricchi d’amore da dare. Nella mia povertà, trovo la mia vera ricchezza, quella che nessuno mi può portare via perché sgorga dal mio dolore. Esce dal mio cuore e dalla bontà di Dio che fa nascere fiori dalle pietre. E’un grande miracolo.
Ecco in cosa consiste la beatitudine dei poveri di spirito! Ecco perché Gesù ama la povertà: perché tolto tutto ciò che pensavi d’avere, trovi molto di più, trovi un tesoro inestinguibile e inestimabile. Di essi, infatti, è il Regno dei Cieli: tutto un regno in regalo. Un regno celeste che contiene tesori celesti, tesori appartenenti al Re: a Dio. Tesori quali la bontà, l’amore, la misericordia, la pazienza, l’ascolto, la comprensione.
Ma non basta ancora, perché Gesù afferma “di essi è il regno dei Cieli”… “è”, non “sarà”, lo è già perché tali tesori scendono nel cuore di questi poveri che scambiano così la loro povertà con la ricchezza del Padre: lo Spirito Santo.
Questa è la beatitudine. Essa è ciò per cui siamo stati creati e della quale ci siamo privati da noi stessi. Più sappiamo obbedirgli, più la recuperiamo.
La strada della beatitudine è una strada che non riconosciamo facilmente perché pensiamo che essere beati sia una cosa soave alla quale si accede per una via, tutta liscia. In realtà è una strada scomoda che non prendiamo perché tratti in inganno dai nostri pensieri. Basterebbe invece pensare a quando riusciamo a riposare bene la notte: cioè dopo una lunga giornata di lavoro e sudore. Ecco che poggiare la testa sul cuscino è un momento di beatitudine e di vero riposo. Si riposa dalla stanchezza del giorno.

Così credo che la beatitudine sia la naturale conclusione di una strada scomoda e faticosa, dove la più grande battaglia è contro se stessi e la propria difficoltà a fidarsi delle parole di Gesù.

...oro......chi brilla di più?

lunedì 23 dicembre 2013

IL POTERE DI UN CANTO

"Astro del Ciel" è la versione italiana del canto tedesco "Stille Nacht"; ed è il canto di Natale più conosciuto al mondo, tradotto in 300 lingue diverse.
Durante la seconda guerra mondiale accadde che i soldati tedeschi, gli inglesi, i francesi e gli italiani si stessero sparando da molti giorni, nascosti fra le varie trincee. Ma la notte del 24 di Dicembre, non si udì alcuno sparo, si udì invece qualche soldato tedesco cantare sommessamente Stille Nacht. Allora gli inglesi, dall'altra parte iniziarono a canare lo stesso canto nella loro lingua e così fecero tutti gli altri.
Cantando uscirono dai loro nascondigli, si camminarono incontro e si fecero tutti gli auguri di Natale.
Che bello pensare che l'idea di cantare la ninna nanna a un Dio Bambino che nasce, possa far deporre le armi e andare ad abbracciare il nemico.
Allora cantiamola più spesso, chissà che il cuore non ci si ammorbidisca tanto da ospitare pensieri di perdono verso tutti. Forse basta molto poco per creare la Pace!

Cantare è pregare due volte: i frutti della preghiera sono l'amore e la pace.


sabato 21 dicembre 2013

IL CORPO E’ UN VESTITO

                                      (“i padroni del sabato”)                                

Il sabato è stato fatto per l’uomo e non viceversa.Come dire che la vita è stata fatta per l’uomo e non il contrario. Come un vestito molto prezioso, studiato e cucito per una persona in particolare: taglia, modello e colore adatto a lei. Tutto per renderla bella e gradevole. Quale pazzo si metterebbe a cucire un vestito per poi creare in vitro una persona adatta a metterselo?
Così è la vita che Dio ha creato per noi: bella, con luoghi adatti per la nostra sopravvivenza, ottimi cibi, tutto per noi! Sta a noi trattarla per quello che è: un dono prezioso da custodire e di cui avere un gran rispetto. Senza scordare però, che tutto ciò che appartiene alla vita è solo il “vestito” della mia esistenza. Il mio spirito è la cagione della mia vita; ed è per questo che è da considerare il più importante.
Dovrò quindi curare maggiormente quel che rappresenta la VITA VERA: lo spirito. Altrimenti il mio passaggio su questa terra sarà uno squallido collezionare cose inanimate. Prima vengono le persone, poi tutto il resto.
Dato che sono il Padrone del Sabato ( cioè il Padrone della mia vita su questa terra),devo condurre questa mia vita nel modo migliore.Ne sono Padrona nel senso che sono capace di farne bene o male, ma non sono Padrona della mia morte: non so quanto tempo avrò a disposizione per condurre bene questa vita.
Semplicemente Dio desidera che ogni giorno viva al meglio, ricordandomi che il mio corpo e le cose che vi gravitano attorno,sono solo il “vestito” della vera vita e che non saranno loro a ricondurmi al Padre, ma sarò IO col mio spirito che condurrò loro lungo il cammino della vita fino alla porta della morte dove li scrollerò di dosso. A quel punto rimarrà lo spirito che, se abbastanza leggero salirà in cielo, se troppo pesante sprofonderà in basso.
Sarà leggero se ogni giorno l’avrò usato, cogliendo in ogni istante l’occasione datami da Dio di amare. L’Amore è sempre la via.
Alle volte, quando ho molte commissioni da svolgere e riesco a tenere il passo, la gente dice che sono “in gamba”. Ma se facendole ho tralasciato di ascoltare l’amico che aveva bisogno di uno sfogo, agli occhi di Dio non sarò ritenuta una persona in gamba. Sarà come aver dipinto di bianco una parete molto sporca: gli uomini diranno che è pulita, Dio dirà che è sporca. In questo modo io non sarò in gamba, ma lo sembrerò soltanto agli occhi degli esseri umani, il giudizio dei quali non mi dovrebbe interessare perché non cambierà il giudizio che Dio avrà di me.

I padroni del sabato, che anelano ad alleggerire lo spirito, si occupano di ESSERE e quindi di AMARE, piuttosto che di SEMBRARE e quindi di DISAMARE.


Frase 35

"Il volto di Dio splende sugli uomini, ma non per incenerirli. Bensì per confortarli come il sole conforta coi suoi raggi. L'amore raggia da Dio"


BETLEMME

"Venite fedeli, l'angelo ci invita,
Venite, venite a Betlemme"...

Così inizia un famoso canto di Natale. 
Sapete cosa vuol dire Betlemme? significa "casa del pane". E  sapete come si chiama il presepe in spagnolo? Belèm, che è Betlemme in spagnolo, sì, evidentemente il Presepe viene chiamato come la piccola città che ha avuto l'onore di vedere i natali di Gesù.
Sembrerebbe insomma, che l'angelo ci inviti ad andare alla casa del pane, la casa dove troveremo un cibo che ci sazierà.
Infatti Gesù, forse per caso, forse per un altro motivo, viene posto da Maria in una mangiatoia, cioè li dove mangiano gli animali.
Che buono il pane!! E che bello Gesù!!
Sta li per me, per te, per tutti, li apparecchiato per noi perchè vuole saziare ogni nostra fame d'amore.
Gesù è il Pane e io....posso offrirgli il mio pane, posso portare un pezzo di pane a un barbone, posso portare una coperta a chi ha freddo, posso fare una carezza a chi piange. Basta che io vada alla casa del Pane e mi riempia di bontà per portarla al prossimo.


DALLA PERDITA DI TEMPO NASCE LA BELLEZZA

                 
“Il tempo è prezioso”- “Non perdere tempo!”..quante se ne sentono sul tempo. Che tempo perdo poi se il mio tempo è di Dio e non potrei aggiungerci un’ora?
Dio ha perso tempo a crearmi, a creare i fiori, le piante, i gatti, i colori, eppure noi potevamo stare senza: perché mai avrà perso tempo a creare certe cose?
Anch’io perdo tempo a decorare una torta, a guardare i cartoni animati con i miei figli o perdo tempo al telefono per parlare con chi è solo. Avrei tante cose da fare, ma perdo tempo. Eppure mi sembra di notare che da queste perdite di tempo nasce la bellezza!Dio, per esempio, ha perso tempo a vestire un giglio di campo e profumarlo e anche se io vivo lo stesso senza i gigli dei campi, non mi sento di dire che il mondo era meglio senza!
Lui ha speso del tempo per mettere della bellezza nel mio mondo, quando già io stessa non gli servivo affatto e l’ha fatto per lo stesso motivo per cui una mamma cucina la più bella torta di compleanno per il figlio: per vederne il sorriso. Per una bellezza che diviene amore, puro amore gratuito.
L’amore è la bellezza della vita! Quando cioè ho sempre tempo per amare perché non m’importa null’altro che rendere felice chi ho accanto.
Se Dio non avesse perso tempo per me, non sarei qui, non avrei fiori in balcone, non avrei la possibilità di decidere se il cielo è azzurro o indaco, non avrei il sorriso, non gioirei per una bella melodia. Potevo vivere senza tutto questo ma sarei stata molto più triste. Dio è gioia, bellezza ed ha voluto figli da amare e coprire di attenzioni e perde ancora tutto il suo tempo per questo.
Perché allora io non posso perdere tempo per gli altri? E’ tempo guadagnato che torna in gioia, freschezza di spirito, speranza e voglia di vivere: è ciò che rende piena di sostanza la mia esistenza. Sono l’amore del Padre: sarò amore per gli altri. Perderò del tempo per dare bellezza alla vita del mio prossimo.

Una bellezza che si riflette su chi la produce come quando un amico ti sorride e tu rispondi sorridendo!

Ho detto a mia figlia: "pensa a una cosa bella" e lei mi ha risposto: "la musica!!"..ecco un'altra bellezza della vita

giovedì 12 dicembre 2013

Frase 34

"E' la morte nella carne che libera l'anima dalla scorza e la fà fruttificare nelle aiuole di Dio"


martedì 10 dicembre 2013

FAME INSAZIABILE


“L’uomo ha bisogno di condividere il pane”.
Dio ci ha messo dentro una fame insaziabile della sua Parola. Sono giorni che medito su questi argomenti e ora, alla luce della contemplazione, tutto si mescola e miracolosamente i pezzi occupano il loro posto collimando in un perfetto discorso conclusivo.
Non posso togliermi la fame di Dio e d’amore, perché è Lui stesso che me l’ha messi dentro affinché io non smetta mai di cercarlo e anelare a Lui.
Inoltre l’amore ha per sua caratteristica la mobilità, cioè non può starsene in un cuore senza voler uscire, migrare verso un altro cuore. L’amore non sta zitto senza far niente; esso comporta l’azione d’amare, altrimenti perde senso. Non è un oggetto inanimato, ma un Chi.
Questo fenomeno del “movimento” si può vedere anche nel bisogno di condividere il pane: c’è una differenza fra il mangiare insieme e il consumare un pasto in solitudine. Anche fosse un identico pasto, mancherebbe comunque un ingrediente: l’amore.
Il pasto consumato da soli ci alimenta ugualmente, ma in compagnia mi nutro anche di cibo “umano”. Mi spiego: noi siamo fatti di corpo e anima strettamente uniti in un solo essere vivente e se mi cibo da solo, persino il corpo sente di non essere soddisfatto. Manca il cibo per l’anima a rendere nutriente il mio pasto. Per sentirmi ben nutrito devo avere per pranzo cibo e amore.
Questa è una necessità spirituale che non si può sopprimere e tanto meno combattere.
Allo stesso modo, se porto dentro me l’amore che mi dona Dio, ho necessità di condividerlo: darlo e riceverlo in un salutare intercambio vitale. Se per qualche motivo non mi riesce di condividere, vivrò in una sorta di dolore continuo, di digiuno forzato.
A un figlio di Dio, non basta dare, deve ricevere ogni tanto, non c’è niente da fare. Lo sappiamo, però, che in questa vita spesso capitano situazioni di digiuno; per questo Gesù rianima con “Beati gli affamati perché saranno saziati”. Un giorno, da Lui. Sì: anche questa fame insaziabile è una beatitudine.




sabato 7 dicembre 2013

DA DENTRO IL PRESEPE


Eccoci qua, di nuovo a Natale, in quello stato di grazia che questo periodo ispira.
Stato di grazia? Sicuri?
Sento parlare due ragazzi per strada e fra le parolacce colgo qua e là qualche verbo in un improbabile italiano, ma il senso della frase è irripetibile, basti pensare che si medita una feroce vendetta verso una terza persona che sembra aver concentrate su di se le qualità peggiori di tutta l’umanità. Quanti anni avranno questi pargoli che usano aggettivi e avverbi come spade? Non più di 16.
Più tardi, in auto, a un incrocio mi fermo per cedere il passo a un tremolante vecchietto che deambula lento lento, ma l’auto dietro si getta quasi nel fosso per superarmi e il conducente urla augurandosi vivamente che io mi tolga, per così dire, di torno e dall’espressione non mi sembra propenso a gioire per il Natale vicino, né tanto meno ad augurarmi buone feste.
C’è forse un po’ di inquietudine in giro? Cosa capita al cuore degli uomini? Dov’è quello stato di grazia di cui si parlava? Mettiamoci alla ricerca.
Da piccola posizionavo i personaggi del Presepe guardandoli negli occhi per immedesimarmi e riuscivo quasi a immaginare i loro pensieri.
La contadinella con l’oca in mano stava già sognando di quando avrebbe deposto quell’esserino ai piedi di Maria facendola sorridere di gratitudine. Il fornaio camminava impettito e gongolante perché avrebbe sfamato la Sacra Famiglia col pane impastato da lui! La ragazza col secchio di latte, consapevole del suo prezioso carico, s’affrettava allegra al pensiero di vedere il Bambino.
E io li, che ascoltavo i loro pensieri mentre archittettavo ingenua il modo per esserci anch’io. “Come mi faccio piccola piccola per camminar sulla ghiaia con gli altri e venire a vederTi?”…questa la mia preghiera da sempre!
Restavo a guardare la scena, senza fiatare, inebriata dal profumo di cibo nell’aria e dalla voce di mia madre e mia nonna che si aggiravano indaffarate in cucina. Felice di poter almeno sognare. Ero in uno stato di grazia.
Quello stato in cui sentivamo tutti il bisogno di essere sereni, più gentili uno con l’altro, tendenzialmente allegri perché grati di ciò che avevamo. Del Natale è questo che ricordo: il desiderio di sentirmi come i pastori che vanno alla culla di Gesù, felice perché in qualche modo l’avrei visto anch’io. Proprio grazie a quello spirito natalizio che ti spinge a farti guidare dalla speranza e dalla bontà.
Davanti ai bambini piccoli bisogna sorridere, parlare piano, essere delicati nello sfiorarli e avere attenzioni di mamma.
In questo periodo Gesù vuole ricordarci come accostarci a Lui: come a un Piccolo indifeso. Sentendoci onorati di farci Suoi difensori, occupandoci di Lui non litigando fra noi per non turbare la sua serenità. Sforzandoci di scoprire cosa vorrebbe Lui.
Allora, fratelli, cerchiamo una cesta ideale dove porre il dono che il Piccolino vorrebbe da noi e, tutti insieme, senza rivalità, invidie o fastidi verso l’altro, rechiamoci in fila, in silenzio, verso di Lui.
Entreremo nel Presepe, calpestando la ghiaia, ci faremo guidare dalla Luce della nostra preghiera e dei nostri sogni e alla fine troveremo un Bambino che ci attendeva da tanto. Ci stupiremo perché non guarderà neanche le nostre ceste, forse solo piene di errori e dolori. Cercherà il nostro sguardo e ci prenderà un dito con tutta la manina per attirarci a Lui, per ricordarci che Lui c’è, e con un sorriso soddisfatto ci lascerà andare, perché sa già che ci salverà.
Buon Natale fratelli da…dentro il Presepe.

Paola Buccheri




 
...che io sia un gatto forse?...

lunedì 2 dicembre 2013

L'ATTESA DI UN BACIO

L'Avvento è l'attesa di un bacio...stiamo aspettando una Persona che ci ama e ci sveglia con un bacio....

venerdì 29 novembre 2013

FINESTRE COLORATE


Il Signore ci colma di grazie affinché noi le usiamo per farci portatori della sua luce.
Mentre dipingevo, poco fa, guardavo il mio quadro e stupefatta mi chiedevo com’era possibile che quell’immagine era uscita dalle mie mani. Sono sicura di non essere da sola a dipingere.
Ricordo bene le difficoltà di quando dipingevo sotto l’influsso delle parole udite dagli altri e che sembravano adularmi o incoraggiarmi: “Lei ha il dono del disegno e della pittura!”. Così avevo finito col pensare che essendo una cosa che mi era stata donata, ora era totalmente mia e aspettavo di veder sorgere cose meravigliose sotto le mie mani, gli occhi e la mia intelligenza.
Eppure, niente, non vedevo niente di ciò che mi aspettavo. Quel che mettevo sul foglio non era ciò che avevo dentro. Era bellino, ma un’altra cosa rispetto a quel che avevo sognato di mettere sulla tela.
Poi Gesù s’è fatto più presente nella mia esistenza e con Lui ho capito che i suoi doni per ognuno di noi, sono Merce Preziosa lasciata in prestito in mani imperfette e che lui, volendo, è libero di riprendersi quando vuole. Questa Merce deve diventare amore per gli altri sempre, in ogni caso, qualunque sia il dono. Se usato con questa consapevolezza, il dono si accende e forma un cerchio che si chiude dando completezza allo stesso.
Anche Charlie Chaplin aveva intuito che qualcosa mancava nei suoi film e nelle sue storie: lo confessa nella sua autobiografia quando asserisce “Sono un mediocre, perché ho sempre la sensazione di esserci quasi, di essere a un passo dal fare un bel film, e poi..sento che manca qualcosa”. Chissà se si accorse mai che era questo il qualcosa.
Siamo tutti dei mediocri, pur con enormi grazie e talenti, ma se mettiamo al servizio di Dio i doni che ci ha elargito largamente, ecco che respiriamo un senso di completezza divina anche nelle nostre povere “opere” fatte da mani umane.
Ai miei occhi i miei dipinti, ora, sono belli perché in loro sono riuscita a trasmettere un pezzetto di anima: uno stralcio di pace divina. Sono belli e sono contenta perché da loro questa pace s’irradia su chi li guarda!
Insomma Dio ci usa facendoci scrivere, dipingere e parlare della Luce per portare conforto agli uomini. Uniti a Lui, i nostri doni diventano grazie che trasmettono amore.

Allora persino i miei umili quadri possono far entrare nelle case l’amore e la pace di Dio e un altro potrà guardare nel mio cuore e scorgere Gesù attraverso queste “finestre colorate” che ogni tanto dipingo.

Fragole e albicocche

sabato 23 novembre 2013

DUE VITE


Se davvero mi ricordassi sempre che io vivo perché Qualcuno è morto per me, forse capirei meglio che valore ha la mia vita.
Se una persona qualsiasi fosse morta per consentire a me di vivere, capirei che da quel momento in poi la mia vita assumerebbe il valore di due vite. Dovrei vivere per me e per quella meravigliosa persona che ha rinunciato alla sua esistenza in cambio della mia.
E’ come se mi fosse affidata la vita di un altro.
Gesù è morto per me, e l’ha fatto non per ottenermi una vita che comunque trova termine, ma per regalarmi una vita eterna nella condizione di eterno amore! Ecco perché essere felici!
Mi dispiace non poter già vivere l’amore che sento dentro con l’intensità che vorrei, ma questo è un piccolo prezzo da pagare per questa grande felicità già guadagnatami da Gesù!

Non c’è più motivo di essere tristi!




lunedì 18 novembre 2013

L'ULTIMO REGALO

Una volta chiesi a mia madre:"Secondo te mamma, se dovessi attribuirmi una virtù che io vivo, quale sarei?" e lei rispose:"La Speranza!".
Lei diceva che io sapevo essere positiva e sperare sempre nel meglio, così come lei alle volte non riusciva a fare.
Il giorno della sua morte, vidi il suo volto morente e già assente e in quel momento sentii venir meno la mia speranza di salvarla.
Qualche altro minuto e lei si spense definitivamente. Minuti indescrivibili di sospensione della propria vita.
Poi la misero su un lettino, tutta ordinata e io le andai accanto per guardarla ancora, sussurrandole:"Sono qua mamma, sono sempre qua accanto a te, non ti lascio"...e mentre pronunciavo queste parole mi accorsi del suo viso: aveva cambiato completamente espressione.
La guardai e riguardai, mi si fermò il pianto perchè la sua bocca sorrideva come quando ascoltava Margherita suonare. I suoi occhi erano chiusi, ma là dentro sembrava stesse guardando qualcosa di meraviglioso...uno spettacolo inaspettato...forse il rincontro con qualcuno amato che non vedeva da tanto. Era talmente evidente la sua improvvisa estasi che le dissi piano: "Che stai vedendo mamma? E' bello Lassù, vero? Ti stai divertendo finalmente! Rilassati ora e và, vai con tutti i tuoi cari a iniziare la Vita...vai con loro in questo bel posto che stai scoprendo ora e non preoccuparti per noi. Vai...te lo meriti".
E mentre restavo anche io estasiata a contemplare il viso ora luminoso, mi rendevo conto che mi stava lasciando il suo regalo più prezioso...la Certezza che dove andremo è un posto così bello che non potremmo mai immaginarcelo.
Questo è molto di più della Speranza mamma, molto di più. Grazie.
Ti voglio bene.
Tua figlia


mercoledì 13 novembre 2013

DISGRAZIA: MANIFESTAZIONE DI DIO


Quando Gesù sta per guarire il cieco nato, alcuni lì intorno Gli chiedono perché questi sia nato così, se per i peccati suoi o per quelli commessi dai genitori. La risposta è: “…è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”. Trovo che sia una risposta molto singolare, soprattutto se ripenso alle cose che si sentono dire riguardo alle disgrazie che capitano alla gente! Parole amare tipo: “E’ perché Dio non ci guarda o se ne frega e fa l’assenteista!”
Gesù dice addirittura che quella disgrazia serve a far notare le opere di Dio, a renderle chiare, a sottolinearle. Ed ecco che improvvisamente mi si accende un fascio di luce su una cosa che prima non avevo notato.
Riuscire a vedere la “gloria” di Dio in una disgrazia, vuol dire guardare le cose con altri occhi; con gli occhi dello spirito e perciò con la prospettiva di Dio.
Se proprio andiamo a guardare bene, anche scientificamente, chi è cieco acuisce gli altri sensi, li sviluppa in un modo che noi vedenti non ci immaginiamo neanche. Il fisico e l’intelletto vanno ad attingere a risorse che noi non andremo mai a cercare. E le trovano! Le usano. Così, chi è cieco, diventa abile a distinguere gli odori, a sentire la presenza di cose e persone con i sensi rimasti integri. Cose che io, a occhi chiusi, non saprei fare.
Essi si sforzano di intuire lo stato d’animo dei propri cari, facendo attenzione alle loro inflessioni vocali, alle parole usate, al ritmo del respiro, ai silenzi e chissà quant’altro!
Noi, “ricchi di vista” ci permettiamo di non guardare neanche chi abbiamo davanti, di essere distratti e di non accorgerci se questi è triste, sofferente oppure no. Avendo il bene della vista, lo sperperiamo così e non attingiamo più neanche a quella per amare chi ci vive accanto. Siamo noi i veri ciechi della situazione, perché crediamo di vedere meglio degli altri.
Chi dice di non vedere niente di Dio, si sforza di sentirlo, accarezzarlo con tutto ciò che può: mani, parole, sorrisi. Amando gli altri. Lì si manifesta Dio che si sente cercato, perché chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto, dice il Signore.
Se manchiamo in qualcosa nel fisico o nell’intelletto, non abbattiamoci, perché Dio si manifesterà nelle nostre debolezze, regalandoci occhi spirituali per compensare le nostre carenze.
Non voglio con ciò dire che ci dobbiamo augurare di avere qualche disgrazia nel fisico, ma solo tenere presente che, se capita, sarà certamente perché si manifestino le opere di Dio in noi. Opere che non riguardano solo il miracolo della guarigione fisica, ma che pur escludendola, riguardano una guarigione spirituale di gran lunga più importante e duratura di quella fisica.
Viene da domandarsi se chi non ha disgrazie, allora, non abbia il favore di vedere Dio e le sue opere! Non è così. Penso che Dio sia infinito e conosca mille modi per attirarci a Lui: è un creatore e non gli difetta certo la fantasia.
E poi credo che tutto derivi dalla nostra volontà. Se ho gli occhi e non guardo, non vedrò niente, ma se voglio vedere, vedrò e non mi servirà diventare cieca per scoprire le opere di Dio!
Intanto devo ringraziarlo per questo fascio di luce che mi ha illuminato su questa frase del Vangelo che prima non avevo ben compreso.
Gesù è davvero “la luce del mondo”!







martedì 29 ottobre 2013

PADRE GIOVANNI


“Padre Giovanni se ne va”…questa la frase che riecheggia in Parrocchia da un po’ di tempo. E’ normale, lo sapevamo che i frati agostiniani hanno il cosiddetto “capitolo” ogni quattro anni e che ciò prima o poi sarebbe successo.
Hanno, cioè, la salutare e cristiana abitudine di ruotare: cambiare ruolo e luogo dove fare il loro apostolato.
Dico salutare perché tale abitudine aiuta anche noi semplici fedeli, pecorelle del gregge, a conoscere i tanti volti di Cristo, o meglio ancora, il volto di Cristo nelle sue molteplici sfaccettature, ognuna delle quali ci servirà per comporre una sorta di puzzle e scoprire piano, piano la vastità del suo amore. Salutare anche perché, ci abitua a non attaccarci solamente a “una” persona, ma allargare le vie dell’affetto fraterno anche ad altri Suoi rappresentanti.
Credo fermamente che ogni Suo ministro ci porti una parte del suo volto, una briciola del suo immenso e indefinibile amore. Ognuno di loro ci regala, assieme alle proprie caratteristiche umane, un frammento di Gesù stesso.
Se mi fermo a pensare a Padre Giovanni, d’immediato mi viene da dire che mi rimane fondamentalmente il suo amore alla vita e la sua umiltà.
Mi è capitato più volte di trovare nei ministri di Dio un ammirevole distacco dalla vita terrena che aiuta senz’altro le anime a rivolgersi verso la vita del Cielo. E ciò è bene, ovvio, ma forse io personalmente ho trovato aiuto nel suo atteggiamento di amore “anche” alla vita di tutti i giorni: si rischia a volte di dimenticare che è uno dei doni più preziosi che il Padre celeste ci ha fatto.
La vita terrena deve essere vissuta con gioia perché è il mezzo che abbiamo per ringraziare Dio d’averla e per portare amore a tutti quelli che incontriamo. E’ un bene non esserci attaccati come se fosse la nostra sola meta, ma è importante ricordarci continuamente di quanto Lui ci stia donando utilizzando al meglio ogni ora.
Forse questa però, non è la cosa più grande che Padre Giovanni mi lascia.
Avendo collaborato con lui varie volte durante il corso pre-matrimoniale, ho avuto modo di rendermi conto della sua grande umiltà. Più di una volta ero io a tenere un’intera conferenza sulla fede, sulla preghiera e persino sull’Eucarestia (e questo è già segno della sua umiltà) e lui, seduto accanto a me, ascoltava in silenzio col sorriso quasi beato, senza interrompermi. Le prime volte mi voltavo a osservare le sue espressioni, anche per assicurarmi che non stessi dicendo sciocchezze, e lui invece sembrava soddisfatto e al termine mi ringraziava! Dico queste cose non perché pensiate che mi voglia lodare, ma perché possiate scoprire quanta umiltà, c’è in Padre Giovanni.
Come se non bastasse, quando era lui a parlare con gli sposi ed io ascoltavo, alla fine, quando tutti stavano andando via, mi chiedeva sinceramente: “Com’è andata? Credi che sia stato interessante? O no?”.
Onestamente, quale sacerdote avrebbe fatto così? Forse si sarebbe consultato con un superiore, o magari non avrebbe trovato il coraggio di dirlo ad altri. Padre Giovanni è così. E questo suo atteggiamento mi ha dato tanta gioia e tanta pace: solo Dio può infondere una così sincera umiltà.
Come dicevo, ogni ministro di Dio ci lascia un segno del Suo amore, qualunque sia il suo carattere, la sua umanità, i suoi difetti o pregi personali, e sono felice perché presto ne scopriremo altri nei suoi successori: in Padre Agostino, Padre Edward e Felix.
Intanto la nostra parte umana, com’è normale e lecito che sia, si sente venir meno qualcosa. Di lui, di Padre Giovanni, alla fine ci mancherà anche il sorriso o il modo quasi sbrigativo di parlare quando andava di fretta.
Se lui ha lasciato un segno in noi, mi auguro che anche noi possiamo aver lasciato qualcosa in lui. Così, in fondo, andare altrove non sarà per lui un brusco distacco, ma un soave allontanarsi carico di ricordi utili e confortanti.
Buon proseguimento di cammino Padre Giovanni!
Con affetto,
Paola Buccheri




AMATE I VOSTRI NEMICI

                                 
Alle volte subisco grosse incomprensioni e vengo coperta d’ingratitudine da persone che momentaneamente assumono il ruolo dei miei nemici. L’altro giorno è successo e superati i primi minuti di dispiacere, ho cominciato a sentirmi profondamente felice. Non umanamente felice (non sono ancora pazza) ma spiritualmente. Perché ho capito che Dio lascia che questo mi accada per il mio più alto bene. Mi lascia senza gratificazione umana perché il mio tesoro rimanga in Cielo. Perché non m’insuperbisca e cresca sul suo cammino.
E’ come se Lui mi avesse detto: “ Perché cerchi la gloria? Vuoi essere lodato per aver fatto il tuo dovere forse? Non è così che accumulerai tesori in Cielo, non è così che ti santifichi! Se vuoi che Io ti cambi, allora lasciati lavorare. Gesù ha preso spesso pietre in faccia. Tu che ti aspetti?”
E’ un sorsetto del suo calice, questo scontento!
Con questa intima gioia di essere più simile a Gesù, ho sentito desiderio di pregare per quei cosidetti “nemici”, e allora ho compreso meglio il mistero dell’ingratitudine: sono i nostri nemici che ci santificano, perché generano situazioni tali che ci mortificano e ci aiutano a comprendere quanto siamo imperfetti. Mettono cioè in evidenza le nostre lacune spirituali, le nostre debolezze, i lineamenti dell’anima che non sono a immagine e somiglianza del nostro creatore.
I nemici hanno la doppia valenza di mantenerci umili, correggerci e far sì che il nostro tesoro resti in Cielo. E dove è il tesoro, li sarà anche il nostro cuore.
Personalmente vorrei che questo tesoro sia prezioso come quello di Maria: sia fatto di silenzi e perdono. Sia fatto di riflessioni su quanto “io” devo cambiare e non gli altri. Sia colmo di lode a Dio e umiltà. Allora il cuore sarà davvero bello.

Prego sì per i miei nemici, perché non si lascino prendere da discorsi inutili o poco gentili, ma posso anche amarli perché senza volerlo, mi sono stati di aiuto più di molti.

La capacità d'amare allarga i confini del cuore

domenica 13 ottobre 2013

Frase 33

" Colui che ha fatto può rifare"...più o meno è questa una frase di Sant'Agostino.
Intende dire che Dio che ha creato ogni cosa vivente e non vivente nel mondo, può rifarla! Perciò può rimettere ordine dove c'è un disordine della salute o della mente o altro.
A noi sta chiedere con fede.
Che la nostra preghiera sia quella dei 10 lebbrosi delle letture di oggi: "Gesù, abbi pietà di noi!"

E...intanto ringraziamolo per ciò che ha fatto per noi

sabato 12 ottobre 2013

UN GANCIO NELL’ANIMA


Per un attimo ho visto questo: le persone possiedono corpo, mente e anima e ognuna di queste entità ha dei ganci che permettono loro di attaccarsi a determinate cose.
Mente e corpo, per esempio si attaccano alla mente e al corpo di altre persone: alla loro intelligenza, ideali, comportamenti, carattere, modo di essere, alla bellezza. Cose che attraggono in qualche modo le nostre due entità.
Ciò però, genera stress e ci appesantisce perché tutte le qualità alle quali ci attacchiamo, portano il peso del “E se poi cambia?”. E’ probabile che un giorno possa accadere e perciò noi ci troveremmo istintivamente a staccarci da certe cose e accuseremmo un certo squilibrio e sofferenza. Squilibrio tale che ci porterà ad agganciarci a qualche altra persona con una qualità simile a prima.
Allo stesso modo, anche l’esistenza corporale ci crea dolore, perché se siamo attaccati alla vita di un uomo, se questi muore e si sgancia inesorabilmente, ne saremo distrutti senza possibilità di ritrovare un equilibrio perché ogni essere umano è insostituibile e unico.
L’ascetica che ci insegna Gesù non è una mera rinuncia, né un semplice esortazione a non attaccarsi troppo alle persone o alle cose; è piuttosto una manovra intelligente per ottimizzare il dolore inevitabile in questa vita e renderlo anche molto più accettabile. Lui ci sprona dicendo: “Attaccati a un altro gancio!”
C’è, infatti, un terzo gancio nel nostro essere: quello dell’anima. Questo si può tenere anche per sempre agganciato alle persone perché non porta il peso del “E se poi cambia?”. L’anima ama le persone non perché sono belle, non perché mi riamano, non per la simpatia o se mi cercano, ma perché sono figli di Dio e ciò non cambia in nessun caso. Potrò per sempre amarla perché non cadrà mai la motivazione.
Dio mi sta portando lentamente a sganciare i pesi umani del corpo e della mente per agganciarmi saldamente al gancio delle anime che mi stanno vicino. L’anima è la loro parte divina e stare attaccati a quella stacca dal terreno e lega al celeste tanto da sollevare i piedi da terra e quasi volare.
“Il mio giogo è lieve..”, dice Gesù.
Sono libera di amare un’amica, anche se non mi cerca più, se non possiamo concretamente vederci, se è simpatica o no, persino se vive o muore; perché la sua anima c’è sempre.
Le persone che si agganciano alla nostra parte celeste sono gli abitanti del regno di Dio e si riconoscono già qui sulla terra da questo! Essi amano senza asfissiarti con gelosie terrene, senza metterti nelle loro prigioni piene di “se” e “però”. Amano, anche se invecchi, imbruttisci, ti sbagli a parlare.
Esse sono attaccate al gancio dell’anima e quando questa vita finirà, voleranno con noi dal Padre. In Cielo si va in compagnia!





domenica 6 ottobre 2013

CONTRO LE OFFENSIONI

Salve a tutti! Credo d'aver già detto che io sono una persona con la "gaffe facile", ricordate? Bhè ragazzi, anche oggi ne ho tirata fuori una niente male che non mi sento di descrivere. Però ho scoperto che ciò è un buon antidoto per gli stati di offensione.
Mi spiego: se uno si sente offeso da qualcun altro e improvvisamente si ricorda di una propria gaffe...ecco che l'offensione passa in secondo piano. Questo è dovuto all'attenzione psicologica che ora verte tutta a non farti fare smorfie al ricordo di certe brutte figure causate da te stessa.
La sto mettendo sullo scherzo, ma in realtà voglio dire qualcosa di più profondo e vero. Così ho ideato una specie di formula contro le offensioni o arrabbiature nei confronti del prossimo:
QUANDO TI SENTI OFFESO CON QUALCUNO, RICORDATI DI UNA TUA GAF!

E' un buon esercizio per mantenere vigile la propria umiltà e abbassare i toni della rabbia.

Chissà che Munch non pensasse a una sua gaffe!!


venerdì 4 ottobre 2013

UN TUBO CHE BALLA

Questo tubo pelacchioso che balla è proprio simpatico....guardatelo!!!!


IL CARDINE

"Chiunque è dalla Verità...ascolta la mia voce"-dice Gesù-
Chi cerca la Verità, chi è dalla parte della Verità, sente le risposte di Dio, sente la voce di Gesù perchè Lui è la Via, la Verità e la Vita.
Dunque dobbiamo stare tranquilli, perchè chiunque stia davvero cercando la verità, incontrerà Gesù.
Ecco perchè quando Pilato chiede a Gesù "Cos'è la verità?"segue un significativo silenzio.
Non è una cosa la verità! Ma una persona.
Noi spesso, facciamo lo sbaglio di cercare una definizione per Verità, ma non si può trovare una definizione calzante.
Sarebbe come costringerla in una realtà "finita", mentre invece essa è "infinita" in quanto Persona Divina assolutamente indefinibile e infinita.
Se ci si pensa, infatti, chiedere che cosa è la verità non è una cosa ragionevole anche se, per assurdo, questa verità non combaciasse con Dio.
Come si può fare una domanda simile? La Verità si presenta già come un qualcosa di esteso a tante situazioni, a infinite realtà. In nessun caso essa è definibile.
Essa è un cardine. Legando tutte le situazioni a tale cardine, la nostra vita gira nel senso giusto. Senza questo cardine tutte le azioni della nostra vita sono sparpagliate, senza senso e non costruiscono niente.
Saldamente legate a questo cardine, invece, acquistano forza una con l'altra e fanno girare piano piano, tutta la nostra esistenza verso Dio e la vita eterna.
Siccome poi, questa Verità risiede in Gesù, è evidente la sua stretta connessione con l'amore.
Se ami e cerchi di essere vero in ogni istante , sincero negli intenti con ogni sforzo, trovi l'aiuto di Dio, le sue risposte vere caso per caso, passo per passo e ti ritrovi nella verità: ancorato ad essa.
Amare gratuitamente fà restare nella Verità...è questo che intuisco...è questo che cerco e cercherò sempre di vivere.
Quando ci allontaniamo anche poco dalla verità, il nostro sforzo deve essere quello di ritornarci attaccati, perchè solo li si sente la voce di Gesù che guida e risponde.

Anche gli astri sembrano avere un..cardine


CHEESE-CAKE DI...SAN FRANCESCO

Volevo fare un dolcetto per mio figlio, visto che oggi è il suo onomastico, così, non avendo molto in casa, ho ideato un cheese-cake "poverello", in questo modo:
INGREDIENTI:

Polvere di biscotti e pezzetti di biscotti sbriciolati
Avanzi vari di cereali (riso soffiato, corn flakes di vario tipo)
Una noce di burro
Un goccio di latte
Ricotta
1 cucchiaio di cacao
2 cucchiai di zucchero

PROCEDIMENTO:
Si frullano gli avanzi di biscotti e cerali e si aggiunge un goccio di latte e il burro sciolto. Amalgamare bene, poi prendere delle ciotoline e mettervi sul fondo qualche cucchiaino di questo composto, pigiandolo bene e compattandolo. Mettere le ciotoline in frigo per 15 minuti.
Nel frattempo impastate con un cucchiaio, in un piatto, la ricotta, lo zucchero e il cacao: farli diventare una crema morbida e omogenea.
Prendere le ciotoline dal frigo e posare su ognuna un cucchiaio abbondante di questa crema. Livellare bene col dorso del cucchiaio e rimettere in frigo fino a che non sarà ora di gustare il dolcetto!!
Auguri Francesco!







giovedì 3 ottobre 2013

Frase 32

"Nella lotta fra Tenebre e Luce, le tenebre sono sempre vinte, perchè assolute non sono mai. 
Un poco di luce emana sempre, anche nella notte più priva di astri"




martedì 1 ottobre 2013

I PERCORSI DELLE LACRIME

Il percorso della vita, ti porta a perdere le persone che ami, gli amici, i parenti, anche solo quei conoscenti che con i loro sorrisi nell'incontrarti, ti rendevano la giornata al sapore d'amore.
Un giorno te ne accorgi, o forse semplicemente ti cede qualcosa nel cuore, nell'anima e senti spezzarsi un organo che non sai dove sia, non ne trovi l'esatta ubicazione, ma fà male e sai che c'è.
E mentre ancora pensi e rifletti su dove ti dolga di più, ecco un fiume di lacrime arrivare all'improvviso non si sa bene come. Percepisci le goccie di questa pioggia interiore, scendere sul viso e trovarsi sentieri nuovi, una dopo l'altra.
Il viso si riga in modo sempre più ampio e capisci che le lacrime si stanno occupando di lavarti il cuore e liberarti l'anima dall'oppressione.
Mentre rifletto sul percorso del mio pianto, batto gli occhi un momento e la vista si fà più chiara.
Le lacrime hanno ragione! Devo fare come loro: devo allargare i percorsi, inventarmi sentieri nuovi nel cuore. Non lasciare che le contrazioni del mio dolore mi chiudano alla vita la fuori, ma camminare, come una lacrima sul viso, portando acqua del cuore, il mio amore, li dove ancora non sono passata. Annaffiare i miei giorni con quell'amore rimasto che ancora vuole uscire e uscire senza sosta.
Le lacrime insegnano: dobbiamo andare dritti o a zig- zag per vie nuove, verso altri fratelli e amarli..fino a che tutta la terra attorno a me non sia bagnata dal mio amore ristoratore.
Allora và bene piangere, ma solo per schiarirsi la vista e seguitare con coraggio ad amare.