Mi sono spesso chiesta perchè solo le cattive notizie facciano parlare tanto le persone...for

martedì 29 aprile 2014

LA VIGNA


Ho sempre pensato che lavorare in una vigna fosse un lavoro duro. Quelle poche volte che ho visto qualcuno lavorarci, mi sono sentita stanca solo nel guardarlo. Ora che lavoro alla vigna del Signore, mi rendo conto che non l’ha chiamata “Vigna” solo per fare un esempio!
Si prova la stessa stanchezza: ci sono momenti in cui ci si sente distrutti e sembra che il lavoro fatto non sia servito a niente e che tu l’abbia svolto nel peggiore dei modi. Resti seduto e sfinito a contemplare queste viti che assomigliano a ramoscelli secchi.
Si lavora pianta per pianta amorevolmente, eppure ti sembra così insignificante il risultato che ti vengono i complessi d’inferiorità e qualche certezza sparsa, qua e là di non essere intelligente. Fino a che ti convinci, di non essere proprio capace, di non essere all’altezza. Magari corrisponde a verità.
Ma anche se così fosse, ho deciso che andrò avanti perseverando e stancandomi più di prima, per tanti validi motivi!
Uno: non voglio dispiacere a mio Padre che mi aveva chiamato. Non mi farò troppe domande perché in fin dei conti è un’obbedienza.
Due: se Gesù vuole me che sono incapace, è perché sta messo davvero male, non Gli è rimasto nessuno meglio da ingaggiare. Andarmene pure io sarebbe tirargli un brutto scherzo e non mi piace l’idea.
Tre: voglio poter dire a Dio che ho fatto tutto quel che potevo, e che non mi sono risparmiata per stanchezze o vergogne.
Per ultimo..è un lavoro meraviglioso ed è esattamente quel che volevo fare, anche se è fatica. Magari un giorno qualche frutto spunterà e magari non sarò io a raccoglierlo: non fa niente. Anche questo è umiltà e mitezza.

Grazie Dio che mi aiuti a comprendere e a vedere la luce nel mio buio.

E poi spunta la gioia il giorno delle Cresime...qui con Gabriele, uno dei miei 12 piccoli



LA SALUTE E’ UN TALENTO


Alle volte capita di fare scenate e pianti esasperanti a causa della mancanza di salute, soprattutto alla presenza di persone care, con le quali ci sentiamo più in confidenza. Riflettevo su questo e su quanto un tale atteggiamento mi disturbi profondamente lo spirito. Non voglio giudicare nessuno anche perché ricordo bene di aver provato dentro di me questi sentimenti e di essermene in seguito vergognata. Ora me ne vergogno ancora di più perché ho visto quanto quest’atteggiamento non sia dignitoso e non risolva nulla.
Lamentarsi e usare il dolore come forma di ricatto per ottenere dimostrazioni d’amore da parte degli altri non è bello né tantomeno efficace. E’ un gesto capriccioso che ottiene solo i risultati di un capriccio: nel migliore dei casi, stizza e indifferenza crescente.
Il fatto che io stia male e gli altri non mi aiutino o non si mostrino amorevoli, non è un buon motivo per arrabbiarsi. La salute è un dono che proviene dalla bontà di Dio. E’ insomma una ricchezza (un talento) dato in prestito da Lui, che bisogna far fruttare. Quando sto bene, cioè, faccio molte cose belle per Dio, per i miei, per me, mostrando di star utilizzando bene il suo dono. Devo, però, tenere sempre presente che un giorno (a me sconosciuto) tornerà il padrone e rivorrà indietro il talento con gli interessi: vorrà vedere cosa ho fatto con quei giorni di salute che ho avuto a disposizione.
Quando avrò ridato tutto a Lui, non avrò più quel talento e sarà normale non averlo, perché non mi apparteneva. La salute quindi, non è un mio diritto, non è mio patrimonio ma un Tesoro Prestato per bontà divina per farne buon uso. Da questa prospettiva è più difficile arrabbiarsi per ogni minimo malessere. Inoltre, se quando avevo il Talento “Salute”, ho coltivato qualcosa di buono, mi renderà più di quel che ho dato.
Dice, infatti, il Padrone: “Mi sei stato fedele nel poco, ti darò molto”. Allora la morte non fa più tanta paura e non me la prendo con gli altri se soffro.
Per quanto poi riguarda il discorso della richiesta prepotente d’amore, tanto da usare la malattia per farne un ricatto, basterà pensare alla prima legge dell’amore: il libero arbitrio.
Se neanche Dio che è Onnipotente può ordinare ai suoi figli di essere ricambiato, come posso io pretendere che gli altri mi amino, anche se ho dato loro affetto? Quel che posso fare in questa vita è amare, ma non posso controllare cosa tornerà indietro dell’amore che ho dato e se tornerà qualcosa. Posso attivare l’amore per gli altri ma non quello del prossimo per me. Ciò può rendermi triste e anche molto triste, ma che posso fare? Non è che piangendo più forte ottengo ciò che voglio!
L’unico amore nel quale posso fare affidamento è quello di Dio: esso non mi mancherà mai, neanche quando sarò io a farlo mancare a Lui. Anche l’amore per gli esseri umani è un talento e perciò non posso attaccarmi a esso.
Devo vendere tutto quello che ho e offrirlo ai poveri, per essere degna di entrare nel Regno di Dio. Ho a disposizione dei giorni di salute? Li userò per chi si sente povero di salute corporale: consolerò e aiuterò i malati in corpo e spirito. Ho tanto amore nel cuore? Lo userò per chi si sente povero d’affetti e solo, e a chi non se ne sente più neanche una briciola nel cuore per gli altri..
Ecco allora che le porte del Regno celeste cominciano ad aprirsi ed entra nel cuore una pace che non è di questo mondo. Non mi sento più abitante di questa terra e non m’importa più se mi consolano o no dei miei malanni, se mi capiscono oppure no. La mia ricchezza è Dio.

Il dolore non è meno forte se non è gridato. E’ solo offerto a Dio e non buttato ai piedi degli uomini perché lo calpestino.

Rendiamo la vita un viale profumato d'amore

giovedì 24 aprile 2014

giovedì 17 aprile 2014

UN AMORE DIVERSO

Queste frasi che vi riporto sono tratte dal libro "Quando amore non mi riconoscerai" dello scrittore Vincenzo di Mattia che è stato accanto alla moglie malata di Alzheimer.
Le riporto perchè parlano di momenti che anche io vivo ogni giorno con mio padre,afflitto dallo stesso male.
Mi hanno commosso e rincuorata e ho pensato di riportarli per chiunque altro attraversi il mio stesso dolore. Ma anche come sorta di promemoria per me, per ricordarmi che anche questo è amore per il mio papà, è solo...diverso da prima, ma sempre amore. 



Ma anche la parola può avere un ruolo importante: se lei pronuncia frammenti di frasi e li mette insieme, seppure in modo incomprensibile, ci si aggrappa alle sillabe mozzate, cercando di scoprire il senso di ciò che vuole comunicare. E' un dialogo dell'assurdo, ma io lo accetto così, pur mutilato. Quando poi, a sera, dopo l'ennesimo bicchiere d'acqua per idratarla, mi avvio verso quell'altrove che non conosce, lei solleva la mano e mi dice "grazie".


La sera, a turno, io e Francesca, come cercatori d'oro clandestini, tiriamo fuori dalla tasca le pepite che siamo riusciti a raccogliere: una frase semplice ma che ci stupisce, la commozione per un tramonto o un Notturno di Chopin, un improvviso lancio di baci. Questo sì, è ancora amore, anche se in una forma diversa, e ripaga della sofferenza 

Il mio lavoro con papà...

LE FOCACCINE DI MARIA

Queste me le sono inventate pensando all'ultima cena di Gesù e immaginando che Sua Madre gli avesse mandato un dolcetto semplice da degustare insieme ai suoi Apostoli...come qualunque madre farebbe!

INGREDIENTI:
1 uovo
4 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di anido di mais
2 cucchiai di farina di riso
6 cucchiai di farina 
1/2 bicchiere di latte
1 mela frullata
1/2 bustina di lievito per dolci
cucchiaiate di miele a volontà

PROCEDIMENTO:
Sbattere l'uovo con lo zucchero e aggiungere uno alla volta tutti gli altri ingredienti tranne il miele. Verrà un composto abbastanza mollo.
Ungere due teglie con poco olio di semi e mettere il composto a cucchiaiate facendo quindi circa sei focaccine per teglia.
Infornare per 15 minuti a 180 gradi.
Le tirerete fuori che saranno dorate ma un pò morbide: è proprio così che devono essere. Mettetele in un piatto e servitele con acanto un bel barattolo di miele perchè su ogni focaccia andrà versato un cucchiaio pieno di miele.



lunedì 14 aprile 2014

LOCUSTE

                                               
San Giovanni Battista dice di essere la “voce di uno che grida nel deserto”. Quanto mi fa pensare questa frase tutte le volte che la leggo. Alle volte mi sento così parlando di Dio: come se la mia flebile voce si stesse perdendo nel deserto sconfinato. Anche se continuo a urlare e a essere niente più che una sottile voce in un mare di dune sabbiose. E’ il deserto che cerco di fare nella mia anima. Perché se pretendo di accogliere Gesù in una stanza piena di cose mie, di pensieri ai quali non voglio rinunciare, dove si metterà Lui? Non avrà posto. Ecco che allora occorre far scarto, buttare cose inutili, ridurmi all’osso per farGli spazio.
E' anche il deserto che c’è dentro le anime di alcune persone convinte di non poter stare con Dio. Io faccio la voce che dice: “Preparati che Lui arriva” perché so che Lui va da chi lo chiama e desidera. Annuncio che spesso si perde tristemente.
Cosa naturale però se ci fermiamo a riflettere, perché in questo deserto, ci si ciba di locuste: cose schifose, quelle che uno non vorrebbe mai vedere e che invece diventano cibo quotidiano per chi deve parlare di Gesù. Le locuste sono i rifiuti delle anime nei confronti di Dio, l’indifferenza, la propria inadeguatezza e infine i fallimenti e le prese in giro.
Eppure Giovanni non si lamentava, non evitava quel cibo indigesto e seguitava a parlare. Nonostante non lo ascoltassero, accettava tutto come volontà di Dio, tanto che anche le “locuste” divennero un merito per lui. Divennero santità. Viveva tutta la penitenza possibile e immaginabile come ritenesse di meritarla. Era talmente umile da pensare questo.
Chi parla di Dio dovrebbe serenamente mettere in conto le locuste come proprio cibo senza schifarsi o scandalizzarsi e gustarle come cibo che porta alla santità, non come una grande onta. Esse, infatti, santificano perché non c’è alcuna gloria umana nel cibarsene, bensì c’è la derisione degli altri che ti credono matto. Al contrario c’è una gloria celeste di un Padre che ti guarda sorridente e innamorato.Giovanni ci ha insegnato che la non-gratificazione è cosa normale. Perché mai noi oggi ci preoccupiamo di avere riscontri, attenzioni e successi? Lui dice di se di essere “una voce” come se non avesse un corpo, come non fosse neanche una persona: tanto è vuoto di se che rimane solo una “voce”.

Anche noi siamo solo la VOCE che Dio s’è scelto per parlare. Allora ben venga che i nostri vestiti siano pelli di animali e il nostro cibo locuste! Solo Dio conta.


sabato 5 aprile 2014

PASSIONE-Parte seconda

ALLORA GIUDA SI PENTI’: Il vero peccato di Giuda è la disperazione, il non riuscire a credere che Gesù potesse ancora perdonarlo per ciò che aveva fatto. Tale sentimento leva la speranza e lo porta al suicidio, altro peccato grave: uccidere se stessi. Nel coraggio di rimanere in vita e cercare di riscattarsi c’è già la penitenza che meritiamo e che non è inflitta da Dio, ma dal male stesso che abbiamo fatto. Il pianto di chi ha sbagliato purifica e riconcilia con Dio. Non facciamo come Giuda che non ha avuto fiducia nello sconfinato amore di Gesù per noi.
BARABBA: Bar-Abba’, questo nome significa “figlio del padre”. La scelta se uccidere Gesù o Barabba è comunque una scelta fra due figli del Padre, di Dio. Gli uomini scelgono male: non sanno giudicare correttamente, figuriamoci poi se possono azzardarsi a scegliere di far vivere o morire qualcuno.  E’ un modo di sottolineare che non è lecito decidere della morte di chiunque (neanche di se stessi come abbiamo visto). Qualsiasi scelta è sbagliata perché ricade su un figlio di Dio; è una scelta che non tocca a noi, sia che questo figlio sia assolutamente innocente (Gesù), sia che non lo sia (Barabba).
PILATO SI LAVO’ LE MANI: Il peccato di Pilato è il non saper prendere una parte pubblicamente, anche se interiormente l’aveva fatto: Gesù. Una vigliaccheria che, in questo caso, porterà alla morte del figlio di Dio. Occorre saper prendere le parti dei giusti, degli innocenti, perché la nostra indifferenza non sarà senza conseguenze: potrebbe arrecare molto male, addirittura una morte.
VINO MESCOLATO CON FIELE: si tratta della Mirra, un anestetico per coloro destinati alla crocifissione. Essa è presente nei doni dei re magi come profezia del suo dolore finale. Ma Gesù non ne vuole bere, perché sarebbe per Lui una forma di fuga dalla sua passione. Gesù ha deciso di darci tutto ciò che c’è da dare, fino all’ultima goccia. Anche noi possiamo offrire le nostre piccole sofferenze con coraggio per amore a un fratello che ha bisogno di essere aiutato; in virtù di quel che ha fatto Cristo, anche noi possiamo rifiutare anestetici e intontimenti vari per i nostri dolori e affrontarli diventando veri uomini e fratelli buoni verso gli altri.
SE TU SEI FIGLIO DI DIO: insultano coloro che guardano Gesù crocifisso e in agonia. Tornano per Gesù le tentazioni demoniache del deserto per colpirlo ancora. Alle volte anche noi insultiamo Dio così. Ci scandalizziamo che un dolore capiti a qualcuno buono e se questo qualcuno lo offra senza lamentele, non lo comprendiamo, quasi lo insultiamo. Invece quella persona sta facendo qualcosa di grande per gli altri e Dio, come per Gesù, sta già provvedendo a lui, per la sopportazione e la fine di quel calvario.
DIO MIO, DIO MIO, PERCHE’ MI HAI ABBANDONATO?: Gesù sta ancora pregando citando un salmo che inizia con queste parole e finisce col trionfo di colui che piange; ma in realtà sta anche gridando al Padre il suo dolore e la stanchezza della sopportazione. Egli è uomo e soffre in una maniera indicibile, talmente tanto da non riuscire più a sentire Dio, talmente tanto da non vedere l’ora di morire: ha bisogno che quel male cessi. Anche noi ci sentiamo così quando il dolore è tanto e ora sappiamo che Gesù è il primo a comprendere perfettamente. Non ci biasima, ci lascia urlare, ma il Padre non è assente, piange anche Lui attendendo il momento giusto per levarci dall’angoscia. Momento che Lui aspetta con dolore e ansia quanto noi. Quale padre è indifferente al dolore del figlio?....se potesse, e questo Padre può, ridarebbe la vita al Figlio!!
….e il terzo giorno Resuscitò 

Nonostante i nostri errori, ingiustizie e incomprensioni.....

...è la Vita che trionfa grazie a Dio!





PASSIONE-Prima parte

I capitoli 26 e 27 del Vangelo secondo Matteo raccontano la Passione di Cristo, cioè i suoi ultimi 3 giorni di vita su questa terra. Viene chiamata “passione”, con un vocabolo che noi usiamo per descrivere lo stato d’animo di un essere umano che brucia d’amore per il suo/sua amato/a. Qui invece si parla di sofferenza, tradimenti, flagellazione, ingiustizia e crocifissione, eppure Cristo subisce tutto questo squallore e orrore per amore nei nostri confronti: Lui è l’innamorato e noi i suoi amati di una passione che porta a perdere l’ultima goccia di sangue. E’ sì la Passione d’amore! Di Cristo, nostro amante.
Non riporterò il testo perché molto lungo e perché basterà aprire il Vangelo per leggerlo. Ci sarebbe tanto da commentare, ma io sottolineerò solo alcuni punti.
UNO DI VOI MI TRADIRA’: Dice Gesù a tavola durante l’ultima cena del giovedì santo. C’è la preoccupazione in ognuno di noi di essere colui che sbaglia di più nei confronti di Gesù, ma se abbiamo il coraggio, come fecero gli apostoli, di chiedergli: “Sono forse io?”, Lui risponderà. Se la sua risposta fosse positiva, dovremmo avere il coraggio di convertirci, perché Dio ci avvisa per salvarci, metterci in guardia, non per rimproverarci ed esercitare su di noi il suo potere di “essere perfetto”. Giuda ha avuto tutte le occasioni per convertirsi, non ultima il Suo avviso, e non l’ha sfruttate. Non facciamo come lui.
VI SCANDALIZZERETE PER CAUSA MIA: Profetizza Gesù per aiutare i suoi apostoli. La morte in croce come malfattore è davvero scandalosa per uno che si presentava come il Messia, il salvatore delle genti e il figlio di Dio! E lo è tuttora: chi non si scandalizza perché si ritrova a soffrire, pur credendo e amando Dio?
VEGLIATE CON ME: Chiede Gesù prima di essere catturato. Quando si sta male, si cerca ristoro e forza nella compagnia di una persona amica. Alle volte ascoltiamo annoiati l’amico che si lamenta perché non riusciamo a metterci nei suoi panni e rimaniamo nei nostri pieni di “nostre” necessità, compresa quella di non annoiarsi. Molte volte mi è capitato di pensare: “Io, al posto degli apostoli, non mi sarei addormentata”; ora invece capisco che sarebbe andata proprio così. Ora possiamo ancora cercare di non cadere nello stesso errore semplicemente facendoci trovare svegli e attenti dai fratelli sofferenti che hanno bisogno di noi. Così consoleremo quel Cristo che piange nell’orto degli ulivi.
LO SPIRITO E’PRONTO MA LA CARNE E’DEBOLE: Avvisa Gesù. Alle volte l’anima sembra pronta a sopportare il dolore, ma il corpo non lo è quasi mai. Il dolore fa psicologicamente paura e se c’è un modo per sostenere uno e l’altro è la preghiera.
LA BESTEMMIA: Per i sacerdoti dell’epoca, è bestemmia che Gesù si dichiari Figlio di Dio, ma anche se così fosse stato, non trova giustificazione la condanna a morte che viene da loro emessa, visto che il quinto comandamento asserisce di non uccidere. La cattiva volontà dell’uomo, la sua malvagità è gratuita e porta alla croce Gesù. Anche oggi è così. Si crocifigge di nuovo Gesù perché gli si attribuiscono mali che non appartengono a Lui e non ci si rammenta del bene che ci ha fatto. Convertirsi significa soprattutto vedere il bene che Dio mi manda e agire di conseguenza bene.
             (fine prima parte della Passione di Cristo)



Gesù è ancora solo nel dolore....facciamo qualcosa

venerdì 4 aprile 2014

LA COCADA

Questa è una ricetta brasiliana. Da bambina la mangiavo spesso e ora che ho ritrovato la ricetta ve la ripropongo perchè è davvero una delizia!!

INGREDIENTI:
2 confezioni di latte condensato in tubetto
2 bicchieri e mezzo di zucchero
100 gr di cocco grattuggiato (farina di cocco)
un goccio di olio di semi

COME SI FA':
Mettere tutti gli ingredienti insieme in una pentola capiente e porre sul fuoco basso mescolando continuamente per 15 minuti. Dopo questo periodo, la crema comincerà quasi a staccarsi dalle pareti della pentola, quindi spegnere il fuoco.
Ungere con l'olio una base di marmo o una teglia e distribuire bene il composto. Lasciare raffreddare bene e poi tagliare a quadrotti. E' un dolce buonissimo!!
Viene proprio così!

mercoledì 2 aprile 2014

Frase 39

"Abbiate una fede sconfinata nel Signore. Continuate ad averla nonostante ogni insinuazione e ogni evento e vedrete grandi cose quando il vostro cuore non avrà più motivo di sperare di vederle"