Nell’episodio dell’adultera colta in flagrante, Gesù, prima
ancora di sottolineare il peccato della donna e di trovare un rimprovero
adatto, colpisce, senza pietre, i cuori di coloro che non avevano mostrato
misericordia. Rende palesi e fa venire alla luce senza dirli, i peccati degli
aspiranti lapidatori.
La misericordia di Gesù nel rimprovero è di una soavità
unica, eppure con questa poeticità, risulta efficace. Non parla dei peccati dei
giustizieri: fa in modo che tornino alle loro menti. Non li rende pubblici, ma
ugualmente vivi e dolorosi solo a coloro che hanno le pietre in mano. Lo fa
quel tanto che basta per far cadere la rabbia e la condanna aspra dai loro
cuori e quindi dalle loro mani.
Neanche all’adultera dice parole feroci, ma tramite il
perdono le fa giungere un rimprovero portentoso, proprio perché privo di astio
umano e così dolce da sciogliere il cuore anche a un ice-berg. Induce a voler
essere migliore e meno egoista solo per farsi amare da un uomo-Dio tanto dolce.
La condanna per gli sbagli degli altri, anche se l’abbiamo
solo nel cuore, è come una pietra in mano pronta a essere scagliata alla prima
occasione: quando per esempio ci troviamo a parlare con terze persone. Essa,
non corregge nessuno, fa solo molto danno a tutti, soprattutto a chi la tiene
in mano. Io che ho molto sbagliato lo so bene.
Proprio il dolore per aver tanto sbagliato mi ha acquistato
una grazia enorme che non avrei mai avuto altrimenti. Tale grazia mi conferisce
una grande chiarezza mentale, e cioè che è facile commettere peccato anche
quando ci si ritiene forti e ricchi di ottime qualità. Anche quando ci si sente
sostenuti dalla fede. Niente! C’è un momento in cui tutto cede: forze umane e
assistenza divina, quest’ultima solo perché siamo noi ad avergli già voltato le
spalle. A un tratto ci si sente talmente attratti dalla tentazione, da quello
che il peccato futuro ci propone, che riusciamo a uscire fuori dalla casa del
Padre. Lì fuori, anche solo di un passo (quando cioè ancora non è tanto grave
quel che abbiamo commesso), siamo già alla mercede del demonio che non ci mette
nulla a ficcarci in testa il resto del suo ragionamento. Estremamente logico e
razionale, quasi matematico, è un ragionamento che non fa una piega tanto che
siamo costretti ad aderirgli. Così caschiamo in trappola, e ci ritroviamo
immersi fino al collo nello sbaglio. Magari ce ne accorgiamo anche subito e ce
ne duoliamo…ma ci siamo cascati.
Se ci ricordassimo più spesso come funziona questo
meccanismo, non ci sentiremo tanto pronti a criticare gli errori altrui: non
avremmo pietre in mano da scagliare!
Non si tratta di giustificarli, ma di compiangerli e
desiderare aiutarli. La misericordia non equivale al permissivismo ma a un
atteggiamento di dolore e compassione mescolato a sentimenti fraterni che
cerchino il recupero di chi ha sbagliato. Perché il peccato è una tristezza per
tutti, sia per chi lo compie, sia per chi lo vede compiere. Coloro che lo
vedono compiere hanno il dovere di ricreare pace e speranza nel cuore del
fratello e l’unico modo è avendo misericordia e suggerendogli con tutto l’amore
che possiamo, di tornare dal Padre e chiedere scusa perché Lui lo riaccoglierà.
In ogni caso, mai condannare perché saremmo ipocriti e
ingiusti. Sappiamo bene che poteva capitare a noi. In quel caso non avremmo
voluto avere pietre e condanne, ma una mano che ci tirasse su. Via le pietre
dalle mani!
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