Ama il prossimo tuo come te stesso, dice Gesù.
Ma io mi amo? Vuoi vedere che il nocciolo della questione è
proprio questo?
Alle volte capita di notare in persone anche molto garbate e
socievoli, improvvisi cambiamenti di atteggiamento; come se una porta si
chiudesse nell’anima e non volessero più far entrare gli altri.
Nei peggiori dei casi alcune anime diventano quasi
aggressive a costo di assicurarsi di tenere lontano chi gli parla.
E’ facile concludere che siano persone ferite, che sono state giudicate, non comprese da qualche poco attento ascoltatore. Il fatto è
che la loro auto-stima è scesa e si sono arroccate dietro a scaltre fughe o, peggio,
a brusche risposte.
Se non si comunica più il cuore, non si riceve neanche più
il cuore dell’altro. E tutto si ferma. Resta solo dolore represso, grida
interiori soffocate dalla forza di volontà estrema per cancellarsi.
Diventiamo isole. Isole di reclusione, tipo Alcatraz, con
tanto di guardie intransigenti ferme sulla porta. Ci mettiamo in carcere con le
nostre stesse mani.
Siamo sicuri che questo corrisponda a “amare se stessi”? O è
solo un’estenuante difesa dal probabile dolore? e siamo sicuri che difendersi
dal dolore ad ogni costo sia amarsi? Se una madre ragionasse così, non vedrebbe
mai il viso di suo figlio: il parto è amore .
Poi ci sono quelle persone che nel dialogo spesso
intercalano con “io sono molto duro con me stesso”…e il sorriso di chi ascolta
si gela bluastro sulle labbra. Ecco un’altra battuta di arresto al dialogo: chi
ascolta si spaventa, o nei peggiori dei casi avverte rigidità anche verso di sè
e tende a chiudere le porte. Perché questa dichiarazione? Per annunciare in un
modo “carino” e legittimato che non sono in grado di perdonare se stessi quando
sbagliano.
Quindi se non mi perdono, mi sto amando tanto? O è solo un
pianto straziante sui miei limiti, che non riesco ad asciugare?
Forse quel ripetere che si è tanto duri con se stessi è solo
una velatissima richiesta d’aiuto all’altro: “Ti prego, trova tu un modo
affinché io smetta di condannarmi!" Perdonami tu…così forse mi salvo!”….E
non è proprio questo che è venuto a fare Gesù?
Percepisco questo
lamento nel prossimo, e alle volte anche in me. Ciò mi rattrista perché è segno
che non riusciamo ad amare noi stessi. Di riflesso, diventa difficile amare gli
altri.
Allora cala il silenzio, cresce la diffidenza, si tende a
non aprire il cuore all’altro; e se non scorre amore fra due persone, non sta scorrendo
la vita, non si và da nessuna parte; ci si sente vuoti e forse anche arrabbiati
o inclini al litigio.
Ho voluto fare solo due esempi di disamore verso se
stessi, ma è facile trovarne molti
altri.
E se non amiamo noi stessi e ci torturiamo in ogni modo
senza pietà, come possiamo ritenerci adatti ad amare il prossimo? Soprattutto speriamo
di non farlo usando i parametri che abbiamo verso di noi, perché allora s’incorrerebbe
in vere guerre!
Come mai non ci riteniamo degni neanche del nostro amore?
C’è da una parte il Figlio di Dio che dalla pace e armonia
di un Cielo splendido è sceso in questo caos che è la nostra esistenza per
portare la Sua pace e la Sua armonia e si è lasciato morire in croce per
entrare nella morte e farla diventare Vita.
E’ sceso per stare fra le nostre braccia come se non gli
bastassero le braccia del Padre. Si è fatto nostro cibo per essere certo di non
essere separato da noi in nessun momento e per poterci sostenere ogni giorno
nelle nostre lotte.
Ci ha amato per primo, senza aspettare che noi diventassimo
San Francesco d’Assisi o Santa Teresa di Calcutta. Ci vuole e basta.
E dall’altra parte ci siamo noi che per dimostrare che
stiamo lottando in nome del bene, odiamo profondamente noi stessi e non
vogliamo perdonarci. Qualcosa non funziona!
Perché noi non ci amiamo? Siamo più grandi di Dio? Più bravi
a giudicare? Pensiamo che la nostra intransigenza verso di noi sia migliore
dell’amore misericordioso del Padre per guarire dalle colpe?
Pensiamo che Dio abbia “sbagliato” a farci così? O forse
siamo solo tanto arrabbiati perché non riusciamo a cambiarci da soli?
La santità non è uno sforzo titanico della nostra volontà, ed
io aggiungo, “menomale”! La santità è amore: una potenza divina dell’amore che
ci viene regalata con lo Spirito Santo. La santità è un lungo cammino che si fa
su quella Via insieme a Gesù, con la spensieratezza e l’allegria del bambino
che trotterella per mano al suo Papà, riponendo tutta la fiducia in Lui.
Forse crediamo che non amandoci, ci cambiamo in meglio e che
non perdonandoci, ci puniamo in modo corretto e i nostri peccati si cancelleranno.
Invece se non mi perdono,
i miei peccati mi restano sempre davanti a impedirmi il cammino. Io non sono in
grado di cancellarli: devo farmi perdonare da Dio che sa come spazzarli via;
così dopo potrò ricominciare a camminare.
Questo è l’amore che devo a me stesso. Questo è l’amore che
è bello dare al prossimo! Questo è l’inizio della Santità: “Ama il prossimo
tuo…COME TE STESSO”! Allora “Siate perfetti come il Padre mio è perfetto”
significa questo: AMA! Perché Lui ti ama. Gli errori, i difetti, i peccati, te
li leva Lui, i tuoi e quelli del tuo prossimo; tu intanto AMA!
Perché solo l’amore guarisce, restaura, edifica…..salva.
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