Meditavo sui servi che portarono le anfore piene di acqua a
Gesù, durante le nozze di Cana. Che avranno pensato? Qualcosa tipo: “Mhà! Ecco
un altro che è impazzito. Perché mai ci fa fare questo esercizio, non si sa. A
noi serve il vino e qui ci fanno riempire d’acqua queste pesanti anfore per
mostrarle a Lui!”.
Saranno stati dubbiosi, increduli, quasi infastiditi nel
dover fare una cosa che a loro sembrava sciocca e utile solo a far perdere
tempo. Avranno anche avuto paura del ridicolo: “La gente guarda e chissà che
pensa che stiamo combinando! Ora se non facciamo qualcosa che abbia un senso,
ci prenderà pure per matti!”.
La vita con Gesù è proprio così, anche oggi. Siamo i soliti
insicuri, abbiamo continuamente la sensazione di star facendo qualcosa d’inutile
solo per il fatto che la facciamo noi.
Certamente, se fosse solo opera nostra, nelle anfore
rimarrebbe solo acqua, ma se la portiamo a Gesù, si trasformerà in vino. Cioè:
se ciò che facciamo durante il giorno, lo facciamo da noi, per noi, pensando
superbamente di essere onnipotenti, è come se non portassimo le giare a Gesù.
Allora sì che è tutto sciocco e che l’acqua resta tale.
Gesù, essendo Dio, potrebbe creare le cose dal nulla, anche
nel corso della nostra giornata, rendendo tutto magicamente semplice. Il fatto
è che non vuole perché vuole darci la possibilità di comportarci dignitosamente
da collaboratori di Dio, rendendoci partecipi dei nostri miracoli quotidiani.
Lui desidera che gli portiamo in offerta i nostri sforzi quotidiani perché
vuole vedere la nostra fede unita all’umiltà.
Nelle giare poi, la nostra acqua insipida si trasformerà nel
vino migliore per sottolineare che le cose più belle si ottengono con la
collaborazione di Dio con gli uomini.
Nelle nozze di Cana un invitato dice al padrone di casa:
“Ora che tutti sono un po’ brilli, tu servi il vino migliore”. Ciò dimostra che
Dio non agisce come agirebbero gli uomini, non si approfitta di noi, ma ci
tratta come dei “re” sempre, anche quando non lo meritiamo. Perché Dio ama per
primo, ci ama per quello che siamo, non perché siamo buoni, ma perché amandoci,
ci rende buoni.
Ecco che allora si arriva a comprendere quanto sia
importante e utile portargli non solo i nostri insipidi e incolori sforzi, ma
anche i nostri limiti, affinché Lui ne faccia qualcosa di bello, trasformandoli
in vino buonissimo.
Io sono spesso insipida, squallida e piatta: sono acqua
senza brio. Ma se mi sforzo di essere migliore avvicinandomi a Lui per
offrirgli quel che a me sembra tanto inutile, ecco che nelle sue mani mi
trasformo in vino buono.
Basta che io, con umiltà, ogni giorno offra tutto quel che
posso e quel che non posso fare, a Gesù, in una sorta di offertorio liturgico.
Non fa niente se mi pesa!
...e non fà niente se è poco!! |
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