San Paolo si auto-definisce un “aborto” e San Pietro un
“peccatore”. La verità è che al contatto con Gesù che è Luce, si vede meglio il
nostro sporco, e ciò è talmente doloroso ed evidente ai nostri occhi, che lo
dobbiamo dichiarare. Come per anticipare una giustificazione. Come se San Paolo
e San Pietro stessero dicendo: “Ehi, lo vedo che faccio schifo! Ma Dio mi ha
mandato a parlare di Lui e lo devo fare! Lo faccio per Lui.”
Non si va, infatti, a pescare gli uomini perché ci si sente
in grado o ci si sente degni di farlo; si va sulla sua parola: se Lui lo
chiede, vuol dire che lo devo e posso fare. E dopo ci si ritrova le reti tanto
piene da farle rompere! Tutta grazia di Dio!
Insomma la santità non parte dall’essere in gamba, ma dalla
capacità di dire “sì” a Gesù con prontezza. Alle volte pesa non tanto per ciò
che ci chiede di fare, ma per come ci si sente. Sospendere il giudizio nei
confronti del prossimo si può fare, ma nei propri confronti è più difficile,
perché noi sappiamo bene chi siamo e cosa siamo riusciti a combinare di
profondamente sbagliato.
Eppure bisogna saper rispondere “sì” a Gesù: è un forte
imperativo. Quel che ci domanda è di pescare uomini, in realtà è come se avesse
sussurrato alla nostra anima “Vuoi salvarti e rimediare? Bhè, fai questo per
me!”
Il pensiero di servire Dio inizia già a redimere: dona pace
al cuore e una strana sensazione che Dio si stia già scordando di chi siamo
stati. Come se Lui che è luce, fosse stato colto da improvvisa cecità. Perché
Lui è amore e copre tutto il male col suo bene.
Da vero Padre sa come trattare un figlio che ha attraversato
il proprio peccato, sa come riabilitarlo. Lui, inventore della pedagogia, sa
come restituire pace e dignità all’uomo ferito da se stesso: un santo lavoro
impegnativo.
Ascolta l’anima del figlio che grida: “Fammi fare qualcosa
Papà! Qualcosa di utile. Ora che sono devastato, ora che ho raso tutto al suolo
con i miei sbagli. Ho ancora una possibilità? Che posso fare per Te per
chiedere scusa? Ho guastato la bellezza, ho scorticato la mia anima e non
riesco a restaurarla, non so da che parte iniziare. Dammi qualcosa al di fuori
di me che io possa far crescere, curare e vedere trasformarsi. Una cosa da
costruire utile e buona. Fammi stare con Te. Tienimi vicino ai tuoi piedi a
lavorare per Te. Se starò con Te, non sarò costretto a guardarmi e ricordare
ciò che sono e che ho fatto. Fammi fare qualcosa Papà…”
E’ questo che grida l’anima di chi si accorge dei propri
errori.
E Lui, che ha fiducia nei suoi figli, risponde sempre di sì!
Risponde: “ Va a pescare gli altri miei figli. Riportameli qua, anch’essi ai
miei piedi!”.
Allora, felice, il figlio mette via se stesso e parte per la
sua missione riparatrice…per la propria anima prima ancora che per l’anima dei
suoi simili. Il vero pescatore sa che il primo da salvare è lui stesso!
Hai espresso in maniera egregia un concetto di cui io sono sempre stato convinto e non sono mai riuscito ad esprimere cosi chiaramente...questo post mi rappresenta...
RispondiEliminaCondivido sulla mia pagina FB.
Grazie Paola.
Ant
Che bello! Davvero? Queste sono quelle gioie che poi ti porti dietro e che ti risanano.
RispondiEliminaGrazie per la condivisione! Dio ti benedica.
Paola