Alle volte capita di fare scenate e pianti esasperanti a
causa della mancanza di salute, soprattutto alla presenza di persone care, con
le quali ci sentiamo più in confidenza. Riflettevo su questo e su quanto un
tale atteggiamento mi disturbi profondamente lo spirito. Non voglio giudicare
nessuno anche perché ricordo bene di aver provato dentro di me questi
sentimenti e di essermene in seguito vergognata. Ora me ne vergogno ancora di
più perché ho visto quanto quest’atteggiamento non sia dignitoso e non risolva
nulla.
Lamentarsi e usare il dolore come forma di ricatto per
ottenere dimostrazioni d’amore da parte degli altri non è bello né tantomeno
efficace. E’ un gesto capriccioso che ottiene solo i risultati di un capriccio:
nel migliore dei casi, stizza e indifferenza crescente.
Il fatto che io stia male e gli altri non mi aiutino o non
si mostrino amorevoli, non è un buon motivo per arrabbiarsi. La salute è un
dono che proviene dalla bontà di Dio. E’ insomma una ricchezza (un talento)
dato in prestito da Lui, che bisogna far fruttare. Quando sto bene, cioè,
faccio molte cose belle per Dio, per i miei, per me, mostrando di star
utilizzando bene il suo dono. Devo, però, tenere sempre presente che un giorno
(a me sconosciuto) tornerà il padrone e rivorrà indietro il talento con gli
interessi: vorrà vedere cosa ho fatto con quei giorni di salute che ho avuto a
disposizione.
Quando avrò ridato tutto a Lui, non avrò più quel talento e
sarà normale non averlo, perché non mi apparteneva. La salute quindi, non è un
mio diritto, non è mio patrimonio ma un Tesoro Prestato per bontà divina per
farne buon uso. Da questa prospettiva è più difficile arrabbiarsi per ogni
minimo malessere. Inoltre, se quando avevo il Talento “Salute”, ho coltivato
qualcosa di buono, mi renderà più di quel che ho dato.
Dice, infatti, il Padrone: “Mi sei stato fedele nel poco, ti
darò molto”. Allora la morte non fa più tanta paura e non me la prendo con gli
altri se soffro.
Per quanto poi riguarda il discorso della richiesta
prepotente d’amore, tanto da usare la malattia per farne un ricatto, basterà
pensare alla prima legge dell’amore: il libero arbitrio.
Se neanche Dio che è Onnipotente può ordinare ai suoi figli
di essere ricambiato, come posso io pretendere che gli altri mi amino, anche se
ho dato loro affetto? Quel che posso fare in questa vita è amare, ma non posso
controllare cosa tornerà indietro dell’amore che ho dato e se tornerà qualcosa.
Posso attivare l’amore per gli altri ma non quello del prossimo per me. Ciò può
rendermi triste e anche molto triste, ma che posso fare? Non è che piangendo
più forte ottengo ciò che voglio!
L’unico amore nel quale posso fare affidamento è quello di
Dio: esso non mi mancherà mai, neanche quando sarò io a farlo mancare a Lui.
Anche l’amore per gli esseri umani è un talento e perciò non posso attaccarmi a
esso.
Devo vendere tutto quello che ho e offrirlo ai poveri, per
essere degna di entrare nel Regno di Dio. Ho a disposizione dei giorni di
salute? Li userò per chi si sente povero di salute corporale: consolerò e
aiuterò i malati in corpo e spirito. Ho tanto amore nel cuore? Lo userò per chi
si sente povero d’affetti e solo, e a chi non se ne sente più neanche una
briciola nel cuore per gli altri..
Ecco allora che le porte del Regno celeste cominciano ad
aprirsi ed entra nel cuore una pace che non è di questo mondo. Non mi sento più
abitante di questa terra e non m’importa più se mi consolano o no dei miei
malanni, se mi capiscono oppure no. La mia ricchezza è Dio.
Il dolore non è meno forte se non è gridato. E’ solo offerto
a Dio e non buttato ai piedi degli uomini perché lo calpestino.
Rendiamo la vita un viale profumato d'amore |
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