Ho sempre pensato che lavorare in una vigna fosse un lavoro
duro. Quelle poche volte che ho visto qualcuno lavorarci, mi sono sentita
stanca solo nel guardarlo. Ora che lavoro alla vigna del Signore, mi rendo
conto che non l’ha chiamata “Vigna” solo per fare un esempio!
Si prova la stessa stanchezza: ci sono momenti in cui ci si
sente distrutti e sembra che il lavoro fatto non sia servito a niente e che tu
l’abbia svolto nel peggiore dei modi. Resti seduto e sfinito a contemplare
queste viti che assomigliano a ramoscelli secchi.
Si lavora pianta per pianta amorevolmente, eppure ti sembra
così insignificante il risultato che ti vengono i complessi d’inferiorità e
qualche certezza sparsa, qua e là di non essere intelligente. Fino a che ti convinci,
di non essere proprio capace, di non essere all’altezza. Magari corrisponde a
verità.
Ma anche se così fosse, ho deciso che andrò avanti
perseverando e stancandomi più di prima, per tanti validi motivi!
Uno: non voglio dispiacere a mio Padre che mi aveva chiamato.
Non mi farò troppe domande perché in fin dei conti è un’obbedienza.
Due: se Gesù vuole me che sono incapace, è perché sta messo
davvero male, non Gli è rimasto nessuno meglio da ingaggiare. Andarmene pure io
sarebbe tirargli un brutto scherzo e non mi piace l’idea.
Tre: voglio poter dire a Dio che ho fatto tutto quel che
potevo, e che non mi sono risparmiata per stanchezze o vergogne.
Per ultimo..è un lavoro meraviglioso ed è esattamente quel
che volevo fare, anche se è fatica. Magari un giorno qualche frutto spunterà e
magari non sarò io a raccoglierlo: non fa niente. Anche questo è umiltà e
mitezza.
Grazie Dio che mi aiuti a comprendere e a vedere la luce nel
mio buio.
E poi spunta la gioia il giorno delle Cresime...qui con Gabriele, uno dei miei 12 piccoli |
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