Mi sono spesso chiesta perchè solo le cattive notizie facciano parlare tanto le persone...for

sabato 15 dicembre 2018

SGUARDO DA BAMBINO



Compleanno della mia mamma: lei non c’è più, ma il cuore non capisce certe realtà perché vive da sempre in un’altra dimensione; così mi metto a sfogliare un vecchio album per ritrovare il suo sorriso. Nel ritrovare il suo…mi si accende una lacrima che và a bagnare il mio. Non è una tristezza inconsolabile, solo una gran nostalgia: di lei, di me.
Rivedo me da piccola: i sorrisi aperti, gli occhi brillanti, le smorfiette da bimba; e mi sorge un pensiero.
Tutte le mamme conoscono il volto bambino dei loro figli, perché li hanno visti fin da piccolissimi. Una mamma non scorda il figlio come era da piccolo. Mai. Neanche questi si trasformasse completamente: nel guardarlo in volto, scorgerà sempre quel suo modo di strizzare gli occhi ridendo, o il broncetto di quando c’è un disappunto. Forse è anche per questo che l’amore di una madre è impareggiabile, inossidabile al tempo e al male che può accadere a un figlio o a lei stessa: perché conosce lo sguardo da bambino di suo figlio.
Grazie a questo tangibile ricordo, una mamma vede attraverso l’anima di suo figlio e comprende anche l’incomprensibile. Probabilmente  è anche questo a  mancarci terribilmente quando scompare un genitore: che era l’unico a vederci per quello che siamo, cioè dei bambini.
Come sarebbe bello se ognuno di noi, pur non conoscendo il volto bambino dell’altro, si sforzasse di immaginare che questi è stato bambino e che in fondo lo è ancora.  Se così fosse,  avremmo delle accortezze diverse e ci tratteremmo proprio come vuole Dio.
Come si può fare secondo voi?
Chiudo l’album delle foto e torno alle mie faccende, passando davanti al Presepe. Maria Santissima è già lì che contempla il suo Bambino: anche Maria deve aver bene impresso il visetto di Gesù nel suo cuore. Lui è lì che ride con le braccine alzate.
Lui vede attraverso le nostre anime, perché è Dio e sicuramente riesce in ogni caso ad amarci  perché in noi vede i suoi bambini. Ci ha visti da piccini, ha disegnato col suo dito le nostre smorfiette su di noi, quindi scorge ancora  quello sguardo innocente e sbarazzino, facendosi luce in mezzo ai nostri errori.
Allora è Lui la chiave di tutto, il mistero dell’Amore. Si presenta bambino, ci fa vedere il Suo volto purissimo di Amore e ci spinge a guardare il prossimo come lo vede Lui: come eterni bambini. Bambini buoni, bambini capricciosi, bambini difficili, bambini tranquilli oppure no. Ma sempre bambini.
Lui è madre e padre. Una madre e un padre che non può lasciarci, che si è spinto per amore a vivere dentro di noi tramite l’Eucarestia. Da dentro la nostra anima, si appoggia dove trova un po' di posto e ci apre gli occhi facendoci vedere gli altri per quello che sono : i Suoi piccoli.
In fondo, lo sguardo di un bambino è questo: guardare il mondo dall’alto del Cielo pulito impresso ancora nella cornea, e così scorgere verità che gli adulti non vedono più. Lo sguardo di un bambino, disarma il nostro, spiazza i pensieri complicati, costringe ad abbassare il tono di voce, porta a semplificare il linguaggio,  fà piegare le ginocchia perché lui, piccolo piccolo, possa guardarci in volto e ristorarci con la sua innocenza.
Che sarà stato lo sguardo di Gesù Bambino? Un vero toccasana per il cuore!
Qualcuno ancora c’è che sa chi siamo veramente: Dio. Allora che ne dite di  fare un regalo a questo bambino amorevole? Portiamo il suo sguardo in giro per il mondo…tramandiamo l’amore di una madre a chi non ce l’ha più, a chi ce l’ha ancora o a chi semplicemente vuole essere amato.
Regaliamoci questa grazia. Guardiamoci con uno sguardo da Bambino, così tutti si ricorderanno chi sono e si sentiranno amati. Non serve altro per un…
Felice Natale .

Paola Buccheri




venerdì 5 ottobre 2018

AMORE FOLGORANTE


“Scusi, lei sta facendo la fila?”, chiedo a un signore al supermercato posizionato in modo dubbio nei pressi della cassa. La risposta che ricevo è: “ E che non si vede?” con un tono decisamente spazientito e senza voltarsi verso di me. Il mio sorriso si accascia di colpo e sento un brividino lungo la schiena. Resto in silenzio e mi nascondo dietro a uno scaffale con la netta sensazione che sarebbe meglio non doverla mai fare la spesa.
Ma il buon umore e la pace persistono in me e riprendo in pochi secondi la fiducia nel mondo.
Esco felice dei miei acquisti meditando già di preparare un bel dolce per il fine settimana e sognando lo stupore dei miei cari quando lo porterò a tavola.
Mi accingo a svoltare nella mia via ma attendo il momento ideale per immettermi con l’auto senza provocare incidenti. Appena riesco a farlo, mi giunge all’orecchio un epiteto poco grazioso e un invito ad andare in visita in paesi poco raccomandabili, che proviene dall’auto dietro la mia. Quasi non posso credere di aver arrecato tanto danno interiore all’ameno individuo che se ne va.
Arrivo a casa sconcertata e chiedendomi cosa succeda agli animi.
Sicuramente non sono la persona più simpatica dell’universo, ma esistono delle regole civili e umane che dovrebbero impedire al prossimo di aggredire verbalmente una signora anche solo per il fatto che è una signora. E anche fossi un uomo, non arrivo a comprendere il perché ci si debba trattare così tra fratelli.
Forse è questo il punto. Che siamo fratelli. Nessuno può davvero comprendere questa realtà se non la contempla dall’ottica del Cielo.
Siamo fratelli non perché siamo tutti uguali: non è vero, siamo diversissimi l’uno dall’altro.
Siamo fratelli non perché abbiamo le stesse idee e le stesse abitudini; non è vero: abbiamo punti di vista differenti e veniamo da famiglie umane differenti che ci hanno abituato a cose completamente diverse l’uno dall’altro.
Siamo fratelli non perché tutti figli di uno stesso padre terreno, ma di uno stesso padre Celeste: Dio.
Il nostro essere fratelli non riguarda l’aspetto, l’età, la famiglia, l’epoca in cui viviamo; riguarda una cosa molto più importante perché è la sostanza che ci mantiene in vita, che ci ha permesso di nascere e respirare: l’anima.
Quindi siamo fratelli perché un solo Padre ha regalato a tutti la stessa cosa: un cuore, un’anima divina in grado di toccare con un dito l’onnipotenza del proprio creatore. Cioè la sua capacità di amare sconfinatamente: amare chiunque incontriamo. Proprio perché anch’esso “amato immensamente da Dio”.
Quando ami una persona e sai per esempio che gli piace la torta al cioccolato, cerchi di fargli proprio quella torta, per renderlo felice! Se ognuno di noi si ricordasse, guardando Dio, che ogni essere umano è figlio Suo, (ognuno è una torta al cioccolato), non tratteremo così gli altri. Cercheremo di rivolgerci a loro con attenzione, con considerazione, con civiltà. Al di là del fatto che qualcuno ci sia simpatico oppure no; che abbia le nostre stesse idee oppure no; che sia poco intelligente oppure no. Non importa nulla di tutto ciò.
Per riuscire a calarsi in questa splendida realtà, però, occorre credere che esista un Dio capace di amare persino me quando io stessa non so perdonarmi, non so piacermi, non so essere come vorrei, non sono una “figlia di Dio” meritevole di questo nome. Questa è la fede vera. Se ci pensiamo un momento è proprio la cosa più difficile da fare: non è poi così difficile credere che esista un Dio (questo lo crede anche il diavolo, ma tal fatto non lo aiuta!!).
La fede è credere che Dio possa amarmi così imperfetta e che può amare anche il signore poco gentile che mi ha mandato a quel paese. Ma c’è di più.
Fede è credere che anche se Lui non mi ha difeso davanti a un’ingiustizia, ciò non significa che non mi sta amando. E’ facile aspettarsi che Dio debba intervenire per essere mio testimone in quel che credo. Vorremmo che Dio dimostrasse il suo amore per noi in questo modo. Questo non è altro che un paradosso.
Siamo noi, suoi figli, che a immagine e somiglianza Sua, diventiamo capaci di folgorare di amore le persone, tanto da testimoniare che Lui esiste e li ama.
Abbiamo le idee confuse invece. La nostra fede è una gran bella auto lasciata in garage. Non riusciamo proprio a credere che Dio ci ami personalmente e che ci abbia concesso la facoltà di amare i fratelli in modo celeste. Ci rifugiamo nella preoccupazione che Lui non ci difenda in un mondo arido che va al contrario e siamo assolutamente convinti che il nostro lavoro, il nostro sforzo, non cambierà nulla.  
Il mondo ha tanto bisogno della nostra fede. Anche e soprattutto i signori scorbutici al supermercato o altri apparentemente sereni che non credono più in nulla. Dio ha già fatto qualcosa per mettere in giro il Suo amore che salva: ha mandato noi che già lo amiamo. Noi con le nostre imperfezioni.
E’ ora di fare la nostra parte: Essere Amore Folgorante!

Nel buio dell'indifferenza, un sorriso porta luce




domenica 26 agosto 2018

MAI PIU’ SENZA TE




Primo pomeriggio, mi vorrei mettere seduta un attimo, allora accendo la TV.
C’è uno dei tuoi film preferiti con Gregory Peck! Visto che è iniziato da pochi minuti, decido di fermarmi su quel canale.
Improvvisamente mi sento come se tu fossi accanto a me. Ti immagino con le gambe accavallate, i tuoi eleganti occhiali da vista che ti adornano il viso e gli occhioni verdi e il tuo sorrisino mentre osservi lo schermo.
Non è solo un mio desiderio: ti sento davvero presente. Così tanto che guardo  verso il film, e ho quasi timore a voltarmi verso il mio lato sinistro.
Sei con me. Perché mai non dovresti?  Mi scende una gran pace nel cuore.
Non una pace qualsiasi: è un rilassamento unico delle membra e della mente. Non devo più resistere nel tentativo di sopravvivere senza di te; la mia battaglia nel contrastare il dolore della tua assenza, si è improvvisamente cancellato. Anche se momentaneamente, ma non c’è più.
Mi devo sdraiare per quanto questo sentimento mi induce a rilassarmi. Mi assopisco accanto a te.
La vita in fondo è costellata di queste continue perdite che ci proiettano verso una nuova esistenza da riprogrammare velocemente “senza quella persona”. Si fa il possibile. Con Dio e la fede che rassicura si fa anche l’impossibile. Ci si risintonizza su un altro canale della propria anima: seguitare ad andare avanti anche con un lutto nel cuore. Alle volte un lutto che ti aspettavi e per il quale ti preparavi; alle volte un lutto neanche contemplato. Comunque sia: devi resistere.
La morte è invece il ritrovarsi con tutti coloro che avevi perso, perciò deve essere un grande stato di rilassamento; e chissà che non sia per questo che ci si addormenta. Il lasciare andare per sempre la sofferenza, non doversene più curare perché semplicemente non ha più motivo di essere.
Questo quello che ho provato con la tua inaspettata presenza questo pomeriggio: tu sei stata con me, ed io sono stata un po' con te, nel tuo stato di beata assenza di dolore.
Ho potuto dire al mio cuore per un paio di ore: “Non devo più stare senza mamma”. Torna presto.
Ti voglio bene.    Tua figlia Paola.




domenica 8 luglio 2018

MISTER HYDE

Margherita canta la sua terza canzone totalmente composta, scritta, cantata e suonata da lei...per la prima volta sul palco del Let it Beer a Roma.
Emozionantissimo!!!


giovedì 7 giugno 2018

L'OLIO DELLA PERSEVERANZA


Leggendo nel Vangelo riguardo “gli ultimi tempi”, mi sento piena di pace e serenità; eppure si presume che uno si dovrebbe sentire agitato poiché nessuno di noi può dirsi santo o giusto così tanto da non aver paura di finire nel pianto e stridore di denti, cucinato lentamente allo spiedo!
Non so dire con esattezza il motivo per cui mi senta serena, ma tenterò spiegarlo perché è un motivo soprannaturale che vale la pena di esaminare.
Distinguo più che altro due sorgenti di questa pace.
La prima è che la discesa di Gesù sulle nubi (come descritta in Matteo 24, 29) mi fa pensare a un Amico che viene a salvarmi, forse anche da me stessa. Non riesco a vedere Dio come un castigatore stile “’ndo coglio, coglio”: è un’idea umana del punitore. Sarà capitato anche a voi di essere puniti ingiustamente da qualcuno e credo che venga da lì questa paura nascosta o evidente che sia.
Dio è giusto e tiene conto non tanto dei risultati perfetti quanto delle nostre perfette intenzioni che talvolta non vanno a buon fine. Tiene conto della nostra insistenza nel praticare il bene soprattutto.
A questo punto s’introduce la seconda sorgente di pace nel mio cuore: la perseveranza.
Leggendo, infatti, più avanti la parabola delle Dieci Vergini che aspettano lo sposo, mi viene in mente quando aspetto che torni mio marito per stare con lui un po' di tempo. E’ una sensazione di trepida attesa dell’amore. Ma è anche quella certezza che devo prepararmi, organizzarmi, munirmi sempre di nuova pazienza, di dolcezza, delle parole giuste, di ascolto; tutte cose preziose messe in piccoli vasi accanto a me a portata di mano, cui attingere continuamente per tenere accesa la lampada del matrimonio. Spesso poi qualcosa va storto (come tutti ben sappiamo) e l’amore non arriva, e occorrono parecchi vasetti!
La perseveranza nel lottare per il bene, nella preghiera, nel mettere tutto l’intelletto e l’impegno, nell’essere disposti ad aspettare scomodi, seduti per terra, assaliti dalla stanchezza. Senza perdersi d’animo.
Forse è questo che da pace: che ai vasetti ho pensato, ce li ho qui con me e li vado utilizzando, non solo nel matrimonio ma in tutti gli scorci della mia esistenza. E la consapevolezza che lo Spirito Santo interviene in mia difesa, sostenendo la mia buona volontà con la sua forza.
Ho il sospetto che molti sposi si scordino di portarsi i vasetti di quest’olio perché confidano nella fiamma del loro amore. In realtà quella è solo una scintilla, l’inizio di tutto, come in un motore a scoppio, dove poi occorre un bel po' di carburante taniche di riserva da attingere soltanto tramite lo Spirito Santo.
Così per la fiamma della fede, della prima conversione: non basta.
D’altra parte anche San Paolo dice che di tutte le virtù una sola rimarrà: la speranza finirà e persino la fede, solo la Caritas resterà, cioè l’amore.
Ci vuole tanta riserva di amore, addirittura occorre inventarlo, per poter oleare l’esistenza. La perseveranza è un volto dell’amore. Una sposa o uno sposo lo sanno; una madre o un padre anche.
Perseverare nella pazienza, nella dolcezza, nell’ingegno, nella preghiera. Sempre.
Sapere che giungerà la fine di questa interminabile lotta e inizierà da lì un Regno di Amore, mi fa trasalire di gioia, mi riempie di pace e m’incoraggia a…perseverare!




lunedì 4 giugno 2018

ARTISTI: SENSUALI MISTICI




Stavo a una mostra pittorica e mi guardavo attorno; essendo mattina presto non arrivavano molti visitatori, così presi il mio rosario e cominciai a pregare: è sempre un ristoro stare con Loro Lassù!
Mentre pregavo e osservavo ora i fiori dipinti, ora gli alberi fuori dalla finestra, mi venne una singolare riflessione.
Il pittore, come probabilmente ogni genere di artista, si lascia toccare i sensi dalla bellezza, e poi cerca di trasmettere questo piacere interiore agli altri perché quando hai qualcosa di bello da raccontare devi assolutamente farlo!
Sono proprio i sensi che vengono toccati e vanno a risvegliare l’anima, non il corpo soltanto. Per esempio se vedo il colore dell’onda che s’infrange sulla spiaggia, il senso della vista provoca un piacere inspiegabile che deve passare dentro l’anima per riuscire a esprimersi e tradurre il tutto in pittura.
Così pensavo che ogni senso che il Signore ci ha donato sia semplicemente un mezzo per riaccendere l’anima e riscoprire un pezzetto di bellezza creata da Lui e quindi di Cielo.
Perché altrimenti il buon Dio ci avrebbe fornito di cinque sensi? Solo per dannarci la vita? Io non credo a un Dio così: credo invece a un Padre che ha fatto perfetta ogni cosa e che ha lasciato nel nostro intero essere tutti gli indizi giusti per tornare a Lui.
L’artista è un sensuale che usa i sensi insieme all’anima per raccontare la Bellezza infinita e quindi per raccontare Dio al prossimo, ma anche per riscoprire personalmente la bontà di questo Papà.
Ogni senso del nostro corpo ci indica chi siamo, da dove veniamo e come potremmo tornarci!
Siamo soliti credere che i sensi siano qualcosa che ci allontana da Dio, invece ci sono stati donati sicuramente per assicurarci la sopravvivenza su questo bel pianeta, ma per ritrovare il nostro Vero Regno, e credo anche per renderci piacevole il passaggio in un regno che non è proprio nostro.
Non voglio giocare con le parole, ma facciamoci caso insieme: si può essere sensuali tanto da diventare ancora più mistici.
Per esempio riflettiamo sul tatto: a chi non piace essere accarezzato o tenere la mano del proprio figlio o ritrovarsi al sicuro fra le braccia di una persona cara? Cosa ci dice questo? Che siamo figli dell’Amore, che ci sentiamo davvero bene solo quando siamo con chi ci ama…accanto, dentro l’abbraccio di Dio. Che indicazione ci da questo senso che va a risvegliare nell’anima un pezzetto di Paradiso? Che devo amare! Che sono fragile se non sono con l’altro; che da solo non mi sembra di camminare bene. Che sono appagato completamente se sto con i fratelli.
L’udito: quanto è piacevole il primo cinguettio di quel minuscolo uccellino sul ramo, appena ci si sveglia! Come fa sussultare la voce della mamma che chiama o il canto della propria figlia! Qualsiasi momento della giornata diventa pace e le rughe si distendono nell’ascoltare determinati suoni. Suscita quasi un canto interiore o il desiderio di suonare uno strumento (reazione dell’artista per esempio). Che indicazione ci da l’udito stimolato positivamente? Che sono belli i suoni che creano pace interiore perché noi veniamo da lì: dal Regno della Pace. Allora godiamo della pace, procuriamo viverci dentro e facciamo in modo che regni perché solo così mi sento felice. Da questa felicità infinita scoperta dal canto di un passero, può uscire una poesia dalla mia anima o un canto…un dipinto che illustri quel che non  so descrivere a parole…e tanto altro.
Così diventiamo artisti senza saperlo. Ognuno di noi può esserlo, proprio perché se si coglie qualcosa del Cielo e dal senso si fa vibrare fra le corde dell’anima, ne esce una gioia tale da doverla tradurre in qualche modo. Un po' come ha fatto in Principio il più grande artista del mondo: il Creatore.
Che dopo aver dipinto il nostro splendido pianeta, il cuore gli ha sussultato tanto da voler creare l’uomo, come suo figlio, per farlo godere del creato e sentirsi immensamente amato e amarlo a sua volta rallegrandosi della sua gioia! “Rimanete nel mio amore…..affinché la vostra gioia sia piena…” come dice Gesù.(Gio 15)
I sensi non ci portano lontano da Dio, ma anzi lo portano ancora più vicino e vivo! Rallegriamoci della vita, rallegriamoci di noi, rallegriamoci di ogni cosa che è in noi perché è cosa buona e giusta se vissuta attraverso l’anima: nostra parte divina.
Ed ecco nascere un altro meraviglioso senso: la gioia di dire Grazie a Dio!



domenica 29 aprile 2018

AMA



Ama il prossimo tuo come te stesso, dice Gesù.
Ma io mi amo? Vuoi vedere che il nocciolo della questione è proprio questo?
Alle volte capita di notare in persone anche molto garbate e socievoli, improvvisi cambiamenti di atteggiamento; come se una porta si chiudesse nell’anima e non volessero più far entrare gli altri.
Nei peggiori dei casi alcune anime diventano quasi aggressive a costo di assicurarsi di tenere lontano chi gli parla.
E’ facile concludere che siano persone ferite, che sono state giudicate, non comprese da qualche poco attento ascoltatore. Il fatto è che la loro auto-stima è scesa e si sono arroccate dietro a scaltre fughe o, peggio, a brusche risposte.
Se non si comunica più il cuore, non si riceve neanche più il cuore dell’altro. E tutto si ferma. Resta solo dolore represso, grida interiori soffocate dalla forza di volontà estrema per cancellarsi.
Diventiamo isole. Isole di reclusione, tipo Alcatraz, con tanto di guardie intransigenti ferme sulla porta. Ci mettiamo in carcere con le nostre stesse mani.
Siamo sicuri che questo corrisponda a “amare se stessi”? O è solo un’estenuante difesa dal probabile dolore? e siamo sicuri che difendersi dal dolore ad ogni costo sia amarsi? Se una madre ragionasse così, non vedrebbe mai il viso di suo figlio: il parto è amore .
Poi ci sono quelle persone che nel dialogo spesso intercalano con “io sono molto duro con me stesso”…e il sorriso di chi ascolta si gela bluastro sulle labbra. Ecco un’altra battuta di arresto al dialogo: chi ascolta si spaventa, o nei peggiori dei casi avverte rigidità anche verso di sè e tende a chiudere le porte. Perché questa dichiarazione? Per annunciare in un modo “carino” e legittimato che non sono in grado di perdonare se stessi quando sbagliano.
Quindi se non mi perdono, mi sto amando tanto? O è solo un pianto straziante sui miei limiti, che non riesco ad asciugare?
Forse quel ripetere che si è tanto duri con se stessi è solo una velatissima richiesta d’aiuto all’altro: “Ti prego, trova tu un modo affinché io smetta di condannarmi!" Perdonami tu…così forse mi salvo!”….E non è proprio questo che è venuto a fare Gesù?
Percepisco  questo lamento nel prossimo, e alle volte anche in me. Ciò mi rattrista perché è segno che non riusciamo ad amare noi stessi. Di riflesso, diventa difficile amare gli altri.
Allora cala il silenzio, cresce la diffidenza, si tende a non aprire il cuore all’altro; e se non scorre amore fra due persone, non sta scorrendo la vita, non si và da nessuna parte; ci si sente vuoti e forse anche arrabbiati o inclini al litigio.
Ho voluto fare solo due esempi di disamore verso se stessi,  ma è facile trovarne molti altri.
E se non amiamo noi stessi e ci torturiamo in ogni modo senza pietà, come possiamo ritenerci adatti ad amare il prossimo? Soprattutto speriamo di non farlo usando i parametri che abbiamo verso di noi, perché allora s’incorrerebbe in vere guerre!
Come mai non ci riteniamo degni neanche del nostro amore?
C’è da una parte il Figlio di Dio che dalla pace e armonia di un Cielo splendido è sceso in questo caos che è la nostra esistenza per portare la Sua pace e la Sua armonia e si è lasciato morire in croce per entrare nella morte e farla diventare Vita.
E’ sceso per stare fra le nostre braccia come se non gli bastassero le braccia del Padre. Si è fatto nostro cibo per essere certo di non essere separato da noi in nessun momento e per poterci sostenere ogni giorno nelle nostre lotte.
Ci ha amato per primo, senza aspettare che noi diventassimo San Francesco d’Assisi o Santa Teresa di Calcutta. Ci vuole e basta.
E dall’altra parte ci siamo noi che per dimostrare che stiamo lottando in nome del bene, odiamo profondamente noi stessi e non vogliamo perdonarci. Qualcosa non funziona!
Perché noi non ci amiamo? Siamo più grandi di Dio? Più bravi a giudicare? Pensiamo che la nostra intransigenza verso di noi sia migliore dell’amore misericordioso del Padre per guarire dalle colpe?
Pensiamo che Dio abbia “sbagliato” a farci così? O forse siamo solo tanto arrabbiati perché non riusciamo a cambiarci da soli?
La santità non è uno sforzo titanico della nostra volontà, ed io aggiungo, “menomale”! La santità è amore: una potenza divina dell’amore che ci viene regalata con lo Spirito Santo. La santità è un lungo cammino che si fa su quella Via insieme a Gesù, con la spensieratezza e l’allegria del bambino che trotterella per mano al suo Papà, riponendo tutta la fiducia in Lui.
Forse crediamo che non amandoci, ci cambiamo in meglio e che non perdonandoci, ci puniamo in modo corretto e i nostri peccati si cancelleranno.
 Invece se non mi perdono, i miei peccati mi restano sempre davanti a impedirmi il cammino. Io non sono in grado di cancellarli: devo farmi perdonare da Dio che sa come spazzarli via; così dopo potrò ricominciare a camminare.
Questo è l’amore che devo a me stesso. Questo è l’amore che è bello dare al prossimo! Questo è l’inizio della Santità: “Ama il prossimo tuo…COME TE STESSO”! Allora “Siate perfetti come il Padre mio è perfetto” significa questo: AMA! Perché Lui ti ama. Gli errori, i difetti, i peccati, te li leva Lui, i tuoi e quelli del tuo prossimo; tu intanto AMA!
Perché solo l’amore guarisce, restaura, edifica…..salva.






venerdì 30 marzo 2018

QUANDO UN FIGLIO SORRIDE

Quando un figlio sorride, il mondo si accende di colori, l'aria si può respirare e te ne puoi riempire i polmoni, la vista funziona anche se l'età te ne ha tolto una parte.
Quando un figlio sorride, inizia qualunque storia, si dipana la nebbia nel cuore, e puoi mettere un passo davanti all'altro, senza timore di sentire le ginocchia fragili non reggere il peso.
Quando un figlio sorride, ti puoi rilassare, senti scendere le spalle finalmente distese mentre lasciano in terra cadere un fardello, e puoi persino sederti e chiudere gli occhi un momento.
Quando un figlio sorride, puoi lasciare scendere le lacrime a lavarti dal buio e dal deambulare incerto che ha un cieco in un luogo sconosciuto.
Quando un figlio sorride, fosse anche per poco, puoi distogliere lo sguardo dalle tue preoccupazioni per lui, e girare la testa verso il sole che batte sulle tende della finestra e far nascere un "grazie" verso il Cielo che sempre assiste.
Quando un figlio sorride....puoi dirti per un istante che è tutto compiuto perchè quello era lo scopo, quella la meta, quello il senso della tua vita.
Quando finisce il suo sorriso.....devi ricominciare, fino al prossimo sospiro, fino a che ce la puoi fare.....


martedì 27 marzo 2018

ALLELUYA!!

Margherita canta in un pub...per la prima volta in pubblico, un delizioso Alleluya


venerdì 9 marzo 2018

UN CANONE DI PACE ( canzone)

Questa è un'altra canzone di mia figlia che è stata composta, scritta, suonata, arrangiata totalmente da lei.
Ma la cosa bella è che pur non capendo tutte le parole (il mio inglese lascia a desiderare!) sono riuscita a coglierne il senso.
La sua capacità di trasmettere un sentimento ed una forte emozione attraverso la sua voce è davvero interessante e stupefacente.
Vi auguro di...ascoltarla!

giovedì 1 febbraio 2018

KAIROS E KRONOS


In un brano del Vangelo di San Giovanni, all’improvviso risuona la voce di un greco che incontra un apostolo e gli dice: “Vogliamo vedere Gesù!”
Sì: anch’io voglio vedere Gesù, voglio vedere il suo volto. Sento che mi basterebbe, che mi riporterebbe a casa. Come quando ti ricordi del viso di tua madre o tuo padre e dovunque tu sia, ti senti di nuovo in un posto sicuro. A me capita una sensazione simile anche quando rivedo dei volti simpatici in TV di personaggi ben conosciuti che mi ricordano quando ero più giovane e mi riportano alla mente istanti che sembravano dimenticati, momenti di un passato che mi appartiene e mi suscita un misto di allegria e tristezza.
I volti di chi ami sono come dei codificatori della tua vita: hai la necessità di vederli per ritrovare il meglio di te stesso.
Così urge vedere il volto di Gesù, per ricordarsi da dove veniamo, dove sta casa e come ci si torna.
Questa vita è piena di cose senza senso, di malvagità, d’inganni, disamore e atti di non-carità: tutto ciò stanca, confonde e strema la mia essenza. Arrivo a pensare di essere io quella fuori luogo. Allora devo fermarmi e guardare una foto di mamma per trovare un sorriso buono e sentir risuonare dentro le sue parole e la voce che calma.
Questa vita è colma di KRONOS (in greco: tempo che si sussegue): d’istanti che passano, si rincorrono, con gli impegni che vanno assolutamente assolti. Tempo che si lascia dietro uno stressante tic-tac che mi batte in testa come la sveglia inghiottita dal coccodrillo in Peter Pan!
Eppure gli attimi che ricordo di più e rimangono indelebili scolpiti nel cuore sono quelli del KAIROS (in greco: tempo nel mezzo, tempo speciale) quindi il tempo delle cose belle, gli eventi che fanno sì che la vita sia degna di essere vissuta; come dice la definizione: momenti in mezzo, nel mezzo del KRONOS, in mezzo quasi a interrompere il tic-tac, come luci improvvise che danno splendore alla vita e ti fanno risentire il battito del cuore: unico ticchettio che dovremmo ascoltare e seguire.
Essi sono tutti legati a un volto amato: il momento in cui ho visto per la prima volta il visetto dei miei figli; quel giorno in cui ho fatto tanto ridere mamma o quando papà ha cercato il mio sguardo prima di lasciarmi il braccio all’altare; l’espressione dei miei ragazzi a catechismo quando scoprono che Dio è buono; lo sguardo trepidante di un’amica che non vedi da troppo, mentre ti corre incontro; i momenti di preghiera quando sento di aver capito qualcosa di nuovo.
Tutto questo è il volto di Gesù. Questi momenti che ti sorprendono nel bel mezzo della vita ordinaria e la rendono bellissima, dandole un senso. Sono il KAIROS della mia vita: il tempo determinante che va costruendo la mia vera storia.
Ma c’è di più. Ci sono altri momenti speciali nella nostra vita, che capitano nel bel mezzo del susseguirsi della routine: momenti di sofferenza, di grandi e piccoli dolori che anch’essi ricorderemo per molto tempo. Eppure anche questi sono il Kairos della vita, perché sono quei momenti che segnano una crescita personale, che ci fanno vedere anche il solito tran tran di tutti i giorni come una grazia speciale, ci illuminano la mente e il cuore insegnandoci dal buio dove sta la luce: in ogni singolo istante del nostro vivere. Ho fatto personalmente questa esperienza il periodo in cui ho avuto dei dolori così forti a una gamba da non poter stare in piedi e allora mi sembrava grandioso e persino divertente l’idea di stare in fila al supermercato se solo l’avessi potuto fare! Questi momenti di dolore sono quelli che ti fanno capire come la bellezza sia nascosta anche nel semplice KRONOS.
Tramite Dio, si comprende che tutto è KAIROS…tutti i tic tac della vita lo sono perché il volto di Dio è sempre su di noi, infatti, se solo si voltasse un istante distraendosi da noi, cascheremmo tutti in terra come pere troppo mature.
Se il volto di Dio è su di noi, allora stiamo sempre vedendo Dio: negli occhi dei figli, al supermercato guardando il nonnino che non trova il tonno, nel sorriso dell’amico, nella ruga che compare allo specchio…ogni istante è oro. Potremmo dire che per il cristiano il tempo è un susseguirsi di KAIROS, di momenti speciali, che ci tengono di continuo al centro della vita, perché il Regno di Dio è già in mezzo a noi.
Sì…posso vedere Gesù..anche da qui.






mercoledì 10 gennaio 2018

PACE...NON CERTO DI QUESTO MONDO

Ho letto su una di queste frasi che circolano su internet che far uscire il proprio dolore alle volte può aiutare a non far scoppiare il cuore e magari a rendere il tutto più sopportabile senza finire col cuore indurito. Ci ho riflettuto e credo proprio che sia vero. Così stasera, differentemente da tutte le altre volte che ho scritto su questo blog, voglio tirare fuori il mio dolore.
Sono costretta a prendere atto che alcune persone si sono approfittate della mia bontà e buona fede e mi hanno trattata in un modo che certamente non induce a sentirsi amati. Ma tutt'altro: rifiutati.
Nella mia abitudine a voler giustificare e guardare al lato positivo degli altri, capisco che ciò è stato fatto per motivi precisi che non vertono a farmi volontariamente del male, si tratta di comportamenti egoistici e di chiusura verso il prossimo. Quindi diciamo che "li giustifico" ma resto lo stesso attonita e basita.
Davanti al dolore della vita, alla morte, alla malattia, in genere l'essere umano si ferma a riflettere su cosa conta e cosa no. A me perlomeno capita. E di sovente gli avvenimenti tristi mi inducono a pensare che le cose che hanno davvero importanza sono poche e sono a portata di realizzazione di tutti: usare il tempo per amare, per sorridere, per architettare la felicità propria e degli altri, senza risparmiarsi. Sicuramente non sono sempre capace di agire con perfezione, ma lo sforzo è costante...forse perchè di brutte fini "evitate" per un pelo, ne ho viste tante nella mia vita.
Ora, vedere che di fronte a eventi che rammentano quanto sia fugace il tempo e quanto siano inutili molte delle cose che ci preoccupano...mi rattrista ancora di più dell'evento triste. Mi spiego?
In questa constatazione di essere rifiutata e non amata, mi nasce comunque in cuore un pensiero assolutamente avulso da rancore: che lo sforzo immane che si fà nella vita per essere buoni e umanamente "divini", quello sforzo che alle volte pare essere totalmente inefficace, la solita lotta contro i mulini a vento....invece produce dei frutti inaspettati che emergono proprio in queste difficili occasioni: non sentire rancore, pur non capendo e non condividendo le idee degli altri; per non parlare della immensa pace che proviene da un profondo inperscrutabile e inspiegabile; pace che resta ferma pur dentro il dolore. L'idea che quella è la presenza di Dio.
Ecco, questa è la mia esperienza colma di tristezza eppure colma di pace. Una pace non certo di questo mondo.
Buona serata a tutti