(Meditazione sulla parabola del figliol prodigo dal Vangelo di Luca 15,11-32)
Gesù vuole che ci rallegriamo dei fratelli ritrovati; non fa
nulla di chi è il merito o se il fratello ci passerà avanti: menomale che sta
con Dio! Solo questo ci deve importare! Tutto il resto ha un nome: invidia.
Le invidie ci fanno star male, ci turbano e tolgono il
sorriso, mentre il gioire di qualcuno che tornando al Padre diviene anche più
scaltro di noi nel seguire i suoi insegnamenti, ci rende sereni e più belli
agli occhi di Dio.
Perché agitarsi? Il Padre dice: “Figlio, tu sei sempre con
me e quello che è mio è tuo!”. Cioè, quando siamo con Dio, abbiamo tutto ciò
che è di Dio: la sua pace, la sua casa e possiamo allungare le mani su tutto
ciò che contiene. Perché mai auto-escludersi per un turbamento sciocco come
l’invidia? Ci ritroveremo a piagnucolare fuori di casa Sua, tutto per merito
nostro!
Il Padre festeggia i figli che tornano e ci vuole con lui
affinché la Sua gioia sia piena e possiamo approfittare anche noi del momento
per rallegrarci e godere dei festeggiamenti. Se tutto ciò che è suo, è mio,
anche quella festa è mia: è anche per me.
Se il Padre festeggia un fratello, questo non significa
automaticamente che non gli importi dell’altro, anzi, lo vuole “dentro” casa
con Lui, assolutamente, come se questo fosse un elemento fondamentale della
festa.
Un giorno si assomiglia al figlio invidioso, un giorno
all’altro, quando per esempio si borbotta: “Mi sono tanto sforzato per avere
Dio, la gioia e la bontà, ora sono stanco di stare al suo servizio. La vita mi
scorre davanti ed io non la sto vivendo. Voglio godere, fare quello che mi pare
perché ne ho diritto. Chi potrà rimproverarmi di questo? È legittimo: è la mia
parte del tesoro che voglio ora e subito”.
Il fatto è che per fare tutto questo mi ritrovo ad andare
fuori dalla casa paterna, a spendere le mie qualità, la gioventù, la bellezza e
la salute. Fuori, dove io penso, nessuno mi veda. Fuori: al di fuori delle Sue
regole che mi strozzano e impediscono di godere.
Ma presto mi accorgo che là “fuori” non c’è più pace, non
c’è la serenità d’essere con Lui, c’è solo l’angoscia di non essere più la sua
gioia e c’è l’idea di un Padre deluso, alla finestra che attende mentre io
chissà che sto facendo! C’è la malinconia logorante del cuore per non essere
dentro la volontà del Padre. Sono nella MIA volontà e nella mia fittizia
felicità, che sta velocemente mostrandosi essere la mia delusione.
Il diavolo sa ingannare bene le anime; mi parla di un
benessere che sta fuori dalla casa di Dio, mio Padre, costituito da un insieme
di mie volontà e desideri. In realtà sarebbe come dire a un pesciolino: “ Vieni
a vedere che belli i prati e i fiori e com’è bello correrci sopra!”. Il
pesciolino allora, nella sua stupida ingenuità, si fa tirar fuori, ma presto si
accorge che sicuramente i prati e i fiori saranno belli, ma non riesce a
goderne affatto perché già non può più respirare: gli manca la sua acqua del
mare.
Forse il diavolo spera che noi moriamo prima di accorgerci
che era un vile inganno.
L’amore però ci chiama e il ricordo della pace divina
rimette a posto le idee, così che ogni bellezza, desiderio e godimento perde
attrattiva in confronto a ciò che si è perduto. Il desiderio più grande diventa
quello di chiedere scusa al Padre, riconciliarsi con Lui per tornare a vivere
nel nostro habitat naturale dove l’aria è respirabile.
Tutte le volte che ho sbagliato, sono stata anche fortunata
perché il ricordo della perduta pace, mi dilaniava dentro, tanto da indurmi a
tornare a Lui. Né voglio che smetta mai di farlo, perché così mi sento al
sicuro e non ascolterò quando da dentro o da fuori mi arriveranno voci che
inducono a sbagliare andando lontano da Dio!
Vivrò e godrò di là, nella vita futura con Dio, perché là
avrò un corpo migliore inadatto al peccato, avrò l’anima salva e godrò con Dio,
in Dio, per Dio.
Io non voglio la mia parte ora: io voglio TUTTO, ma dopo!
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