Olimpiadi. Mia figlia ed io ci sistemiamo sul
divano con il tricolore in mano e ci apprestiamo a seguire la gara di tuffi.
Emozionate rimaniamo in silenzio quando le atlete si tuffano, quasi per non
disturbare la concentrazione.
Meraviglioso tuffo con salto mortale all’indietro
carpiato e intrecciato e fiocchetto per aria, eseguito talmente veloce che non
sai dove è finita la signorina che hai visto saltare dal trampolino, finché non
te la mostrano a rallentatore. Per l’occasione hai modo di notare che per un
filo non ha sbattuto la testa nel suddetto trampolino e che per entrare dritta
in acqua si deve essere lesionata tutti i tendini di braccia e gambe nello
sforzo.
Sei ancora a bocca aperta per un misto di
terrore e ammirazione quando arrivano i commenti degli esperti che stanno
assistendo in diretta: “Peccato, un tuffo brutto, molto scarso. E’ entrata male
in acqua. Purtroppo le daranno un voto bassissimo!”
Cosa? Chi? Che gara stanno guardando? Povera
donna! Eccola che riemerge dall’acqua della piscina e guarda i suoi voti
sgomenta. Ha uno sguardo afflitto di chi vorrebbe scappare nel deserto senza
neanche voltarsi indietro. Non sai se le gocce che scivolano via dal viso sono
schizzi o lacrime.
Mi fermo a pensare. Se fossi stata io, sarebbe
stato già tanto che fossi riuscita a saltare da quell’altezza a candela urlando
per le vertigini e che non fossi affogata. Mi avrebbero dovuto, comunque,
ripescare con una rete per pesci.
Capisco che loro sono atlete preparate, ma quel
che voglio dire è che questo sentimento d’inadeguatezza ed esclusione che le
gare fanno provare ai poveri atleti, è un qualcosa che davvero non sopporto. M’immedesimo
in chi gareggia e vorrei che vincessero tutti, perché sono tutti bravi.
Ma non è solo questo. Se ascolti i discorsi di
quasi tutte le persone che incontri, vedi che il loro parere a riguardo è lo
stesso: i ragazzi devono provare lo spirito di competizione. Devono gareggiare.
Devono? Perché? Non mi è mai piaciuto il
sentimento della competizione. Mi suggerisce un senso di “rivalità”col prossimo.
Persino da bambina, se proponevano un gioco
troppo competitivo, ero lì che cercavo di convincere tutti a giocare ad altro.
Il gioco da tavolo del Monopoli poi mi affliggeva profondamente: uno diventava
ricchissimo e tu vedevi tua madre che andava per stracci ed era costretta a
ipotecare case e proprietà per poi finire in galera! Che tristezza! Che me ne
faccio che sto vincendo miliardi di dollari finti?Allora cominciavo a
trasferire di nascosto i miei soldi nel suo trascurabile conto.
Baravo..piuttosto che assistere allo scempio provocato involontariamente da me.
Penso a queste cose mentre sono sempre più
sconcertata dai tuffi acrobatici delle atlete di ogni nazionalità e
improvvisamente mi risuona una frase nella mente: “Il più piccolo fra voi sarà
il più grande nel regno dei cieli”.
Ecco che tutto acquista un senso. Gli apostoli
stavano facendo un discorso competitivo su chi fosse il più grande fra loro e
Gesù li spiazza con questa risposta. Ora le sue parole m’illuminano più del
solito. Anche Lui non ama le competizioni, lo si evince da ciò che risponde. Perché
chiedersi chi è il più grande? Non funziona così nel regno dei Cieli! Non è
come il regno terrestre! Nella sua Casa, il più apprezzato è un bambino: uno
semplice, che non sta neanche pensando a questi discorsi, che non è in grado di
fare certe gare. Un piccolo che sa di essere piccolo e gli sta bene così perché
può stare in braccio alla mamma e permettersi di chiedere tutto a lei dando in
cambio solo baci. Dire di essere come un bambino è dire che la visione del
mondo è totalmente diversa da quella di un adulto!
Mi rincuoro: non sono solo io ad avere in
antipatia le gare. Bellissime, con atleti bravissimi…ma che saranno penalizzati
più che premiati; saranno demoralizzati, più che incoraggiati; torneranno a
casa sconfitti più che vincitori, perché non ci sono abbastanza medaglie per
tutti.
Invece Dio vuole premiare tutti, vuole tutti
felici e soddisfatti per il loro piccolo o grande sforzo! A Lui non importa se
sei primo o ultimo, bravo o pessimo…a Lui importa che tu ami, che ci provi
sempre e il premio è sempre lo stesso per tutti: un talento. Un solo soldino? D’oro,
d’argento o di bronzo? Nessuno di questi: è il soldino per entrare nella Vita
Eterna. Non c’è differenza fra il tuo e il mio premio: si vince il massimo!
Amore e Vita in eterno!
Questi sono momenti di gloria!
Aiuuutooo!! |
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