Giorni come questi si ricordano a lungo: la
luce che salta all’alba senza un vero perché a casa dei genitori invalidi; le
tende che cadono all’improvviso dal loro assetto naturale senza neanche un
piccolo accenno di terremoto a spostarle; artrosi del ginocchio che non
guarisce nemmeno con le sedute spiritiche abbinate alle fisioterapie e cure
antinfiammatorie; amministratori problematici che ti telefonano tirando in
ballo problemi irrisolvibili e incomprensibili per chiunque non sia un geometra
o architetto laureato; e poi le piccole difficoltà fastidiosette di genere
minore ma comunque ottime per condire una situazione già esasperante: il
distributore di benzina misteriosamente “chiuso” solo perché sei in riserva,
non perché è orario o giorno di chiusura; oppure il medicinale che non arriva
così tu fai lo stesso viaggio avanti e indietro mentre in macchina eviti pedoni
suicidi (o ciechi) e salvi la vita ad automobilisti distratti che si gettano
sulla tua corsia contromano. Addirittura gli orari di uscita e rientro dei
familiari sembrano studiati a tavolino per farti venire il mal di testa nello
sforzo di far coincidere pranzi, cene e merende.
Giorni in cui realizzi che se chiedessi
semplicemente l’ora a un passante, nel migliore dei casi, ti risponderebbe che
non ha l’orologio, nel peggiore ti risponderebbe a gesti perché lo hai chiesto
a un muto.
Allora sai che c’è qualcosa che non và. Tutto
punta a farti saltare i nervi. Perché? Perché la vita deve essere così faticosa
e assurdamente complicata da mandare avanti? Ma chi me lo fa fare? Ma perché mai
deve poi andare “avanti” questa esistenza? Ecco, quando si arriva a certe
riflessioni siamo alla frutta, al capolinea,…su un binario morto.
Allora io mi siedo e afferro il Vangelo con
risolutezza e leggo: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla
perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla,.. dimenticando
ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro
verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.”
Improvvisamente la ruga corucciata della fronte
mi si distende: il primo respiro di sollievo della giornata. La Mèta! Ecco cosa
stavo perdendo di vista! La mia mèta è la felicità vera, un premio molto più
grande di un piacevole caffè seduta comoda sul mio divano. Io punto più in
alto..io voglio Tutto! Io voglio tutta la felicità che il mio cuore può intuire
e anche di più di quello che può immaginare! Io voglio Dio! Voglio il Suo
regno. Per far ciò si corre come degli atleti che si allenano per le Olimpiadi:
non si guarda intorno, si guarda dritto davanti a se, altrimenti si cade e ci
si fa male! Altrimenti non si vede bene la Mèta che per me è Lui!
Non si può pensare di avere una cosa così
grande ed Eterna senza sudarsela un po’. Inutile lamentarsi.
Ho capito che fermarsi raggomitolati in un
angolo a piagnucolare, fa solo perdere terreno e comunque non mi serve.
Stavo correndo guardandomi intorno e non
ricordavo più perché lo stavo facendo! Ora che alzo lo sguardo al Cielo…tutto è
chiaro, tutto ha un senso. Restare buoni e pazienti e fare le cose giuste a
questo mondo è un’impresa ardua, ci si può riuscire solo ricordandosi quale è
il nostro scopo, quale la Mèta meravigliosa che stiamo guadagnando sospiro
dietro sospiro, quale l’abbraccio d’amore infinito incontro al quale andiamo
ogni giorno col nostro sforzo.
Ragazzi: teniamo duro. Guardiamo alla Mèta!!
Nessun commento:
Posta un commento