Vi è mai capitato di vedere Lost? Quella serie televisiva
che non è possibile seguire dalla metà o anche solo avendo perduto un paio di
puntate perché ciò finirebbe col vostro ricovero immediato alla neuro. O la si
segue dall’inizio con grande attenzione e silenzio totale o meglio lasciar
stare.
Per chi non sapesse di che sto parlando, vi dico
semplicemente che si tratta di un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo
caduti su un’isola che cercano ovviamente di tornare a casa. Sembra tutto
liscio come l’olio e quasi banale. Ma qui di scontato non c’è proprio niente.
Tutto quello che un essere umano potrebbe pensare riguardo a una situazione
simile, va preso e buttato via.
Impossibile riassumerne la trama perché non voglio riempire
un centinaio di fogli col pericolo di uccidere per stanchezza chi legge. Posso
però arrivare al nocciolo e cioè a “come” ci si sente guardando questa serie
tv.
Si parte da uno stato di quasi serenità per la salvezza di
questi poveretti e si va in un crescendo di ansia, costernazione per discorsi
lasciati a metà che troveranno la loro conclusione dieci puntate dopo, dubbi,
comprensioni che gettano altra ansia fino a concludere in uno stato fumoso di
confusione mentale che i più fortunati sono quelli morti nell’incidente aereo.
Si va a letto con l’occhio sbarrato che segue le
supposizioni della mente ampie come l’arco delle possibilità di Kirkegard! Si
dorme saltellando nel letto scossi da incubi che mescolano la visione della
puntata con la realtà vissuta che nel sogno emerge più inquietante di Lost.
Se si resiste alle prime quattro puntate, l’organismo si
adatta e trova un suo modo di reagire positivamente al clima di “ogni cosa che vedi,
non è quella che credi” misto a “tutto può succedere ora”e avviene la magia: si
scorge un lato assai spirituale di profonda riflessione su cosa è la vita e
come dovremmo vivere. Sulla continua lotta interna all’uomo fra bene e male e
la sofferta scelta del bene che porta spesso alla morte.
Mi è venuto naturale chiedermi perché fare un racconto tanto
aggrovigliato per riflettere sulla vita. Dove i protagonisti saltano da una
difficoltà a un’altra ancora più grave; dove non sembra esserci tregua per
nessuno se non in fugaci attimi di vero amore fraterno dove l’uno è disposto a
morire per l’altro. Mi sono chiesta perché…ma mentre lo facevo già salivano dal
cuore le risposte: perché la vita è proprio così. C’è una parte della nostra
esistenza che è prettamente terrena e da questo mondo riceve contrarietà,
difficoltà e intoppi di ogni genere. Chi potrebbe dirmi il contrario? Tutti
viviamo giornate più o meno pesanti, nelle quali alle volte non è semplice
neanche far la spesa! Pensi di fare una cosa e trovi mille difficoltà, come se
una schiera di dispettosi si fosse messa a cospargere di ostacoli il tuo
cammino!
Allora ti senti sull’isola di Lost mentre vai a caccia di un
cinghiale e poi scopri che nella giungla c’è un fumo nero che sbatte nei
tronchi le persone uccidendole e che se la scampi ti ritrovi inseguito da un
orso polare! In fondo sono solo allegorie, ma il succo della realtà c’è tutto.
Mentre continui a
provare quel senso di smarrimento che va e viene e la certezza che comunque non
sei a “casa” e vorresti tanto tornarci, improvvisamente noti che il tuo sforzo
di rimanere nell’amore sta producendo frutti buoni, come se una Forza
Soprannaturale si fosse unita a te. E ti accorgi che stai facendo cose che non
ti aspettavi di saper fare: stai camminando sulle acque. Perché Dio si unisce
in un abbraccio d’amore a chi sceglie l’amore!
Nel percorso della vita, infatti, come in quello di tali
sopravvissuti, alcuni iniziano a credere che calpestando tutto e tutti
riusciranno a venir fuori da quella situazione e arrivare all’agognata “meta”.
Altri pian piano comprendono che solo aiutando il superstite accanto a sé,
troveranno la via. Così, chi sembra star perdendo tempo e strada,
miracolosamente si salverà.
Mi viene spontaneo concludere che gli autori di Lost abbiano
voluto proporre una realtà incredibilmente più difficile, per consentire allo
spettatore di percepire per un attimo la propria vita come più facile! L’effetto
finale più importante però è quello di far attraversare all'anima virtualmente le
conseguenze della scelta del male,permettendole di sfiorare il dolore quanto
basta per pentirsi prima di sbagliare…e scegliere il bene da subito.
Su questa isola
saremo forse persi ma non soli, perché il Padre ci trova ovunque andiamo,
venendoci incontro con mille aiuti. Chiedendoci soltanto di non mollare, di
seguitare a dare e amare, anche rincorsi dagli orsi polari o da cinghiali
inferociti e fenomeni incomprensibili. Perché è questa l’unica Via che ci
riporta a Casa, fra le braccia sicure del Padre, dove non saremo più “Persi”,
ma “Bentornati”.
Kate di Lost dipinta da me |
Mi hai riportato indietro di qualche anno, quando è iniziata la serie.Inutile dire che col passare delle puntate e con il susseguirsi dei sempre più intricati eventi, mi sono un pò persa per strada...Hai comunque colto dei temi molto interessanti quali la vita e la morte, vita materiale e spirituale, realtà e percezione della realtà che pervadono l'esistenza dei personaggi della serie nonchè quella di tutti noi. Queste sono le domande a cui non troviamo risposta e per cui comunque la vita vale la pena di essere vissuta. In definitiva penso anch'io che, nonostante il viaggio sia tortuoso, non possiamo fare a meno di tornare al Padre che rappresenta la nostra vera casa, quella a cui dobbiamo tornare per ritrovare la nostra essenza.
RispondiEliminaUna saluto affettuoso
Clara
E' bello ciò che dici!
EliminaQui in famiglia lo abbiamo seguito tutto perchè davvero aiutava a riflettere coniugando intelligenza, bellezza e mistero...cose che poi rappresentano le mollichine lasciate in terra da Dio per farci tornare a lui! E quanto erano interessanti gli attori!! Un bacio Clara!! a presto!